Capi d’accusa che fanno scalpore per otto carabinieri di Napoli. Corruzione, omissione in atti di ufficio e rivelazione di segreti. Agli uomini dell’Arma sono stati notificati cinque arresti domiciliari e tre sospensioni, della durata di un anno, dall’esercizio del pubblico ufficio.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli, sono state condotte dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Castello di Cisterna. I carabinieri finiti agli arresti erano in servizio presso la Tenenza di Sant’Antimo. La Procura di Napoli ha chiesto la misura cautelare anche per concorso esterno in associazione mafiosa e altre ipotesi di reato nei confronti dei carabinieri arrestati oggi, ma la richiesta non è stata accolta dal giudice. La Procura però ha proposto appello. Le indagini hanno evidenziato la sistematicità e la spregiudicatezza delle condotte, ritenute particolarmente gravi.
È emerso praticamente un vero e proprio asservimento nei confronti dei clan della zona di Sant’Antimo (Napoli), i Puca, in particolare nei confronti di Pasquale Puca (in carcere al 41bis), anche da Francesco di Lorenzo, finito ai domiciliari, che è stato anche presidente del Consiglio comunale di Sant’Antimo. I carabinieri arrestati consentivano, secondo gli investigatori, l’immunità alla camorra locale. La ricostruzione dei fatti è stata avviata grazie alle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia.
Il precedente
Nel giugno 2018, sempre nel Napoletano, vennero arrestati tre carabinieri in servizio alla Compagnia di Giuliano. In quel caso le accuse furono di falso ideologico, calunnia, detenzione e porto illegale di armi clandestine. Secondo la Finanza, che condusse le indagini, i tre avrebbero raccolto false prove contro un extracomunitario per ricattarlo e arrestarlo.