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HomeCultura Approvato il decreto dell’AgCom sull’equo compenso

Equo compenso, l'Agcom
obbliga i colossi del web
a pagare le notizie

L'Italia ha recepito la direttiva Ue

varata già nel 2019

di Giulia Mutti20 Gennaio 2023
20 Gennaio 2023

La sede dell'Autoritaà per le Garanzie nelle Comunicazioni / Foto Ansa

ROMA – Grande svolta per le aziende editoriali italiane che potranno avere un equo compenso per i contenuti che le piattaforme del web, quotidianamente, riversano in rete. Tutto ciò in maniera proporzionale alla qualità e visibilità del prodotto immesso nel sistema. Inoltre, i ricavi derivati dalle inserzioni pubblicitarie verranno garantiti anche agli editori e ai giornalisti e non solo ai grandi giganti del web, come è avvenuto fino ad ora. La direttiva è stata varata in Europa nel 2019, ma solo nel 2021 è stata recepita dall’Italia attraverso decreto legislativo. In questa fase venne chiamata in causa l’AgCom, ovvero l’Autorità per le Garanzie nel campo delle comunicazioni, per l’applicazione pratica del decreto. Ieri la svolta: l’Autorità ha varato il regolamento con un solo voto contrario.

Il regolamento

Ogni editore può avviare una trattativa con i giganti del web, quali Google o Facebook, chiedendo una somma. Se a trenta giorni dalla richiesta non risulta esserci alcun accordo tra editore e piattaforma, è l’AgCom a mediare. Entro due mesi deve, infatti, indicare l’equo compenso che i giganti del web devono pagare. È comunque consentito fare appello al giudice civile in Tribunale. L’editore inoltre può incassare fino al 70% della pubblicità emessa in Rete per merito dei suoi contenuti; ovviamente, in proporzione al pregio del contenuto in rete.

Le reazioni

“Ci siamo mossi con lo spirito più costruttivo possibile e non abbiamo inteso penalizzare nessuno. Abbiamo creato i presupposti, semmai, per degli accordi equi e bilanciati”, ha dichiarato il presidente dell’AgCom Giacomo Lasorella in un’intervista al quotidiano La Repubblica. Non sembrano essere dello stesso parere le grandi piattaforme imputate all’interno del decreto. Google, fin dal 2021, si è mostrato predisposto a mediare, firmando da subito accordi di licenza. Fecebook, invece, si mostra titubante e decide di aspettare il testo definitivo per arrivare ad una decisione. Non si escludono, tuttavia, ricorsi legali ma neppure un’intesa equa.

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