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Antonio Ingroia è in partenza per il Guatemala «Io in politica? Chi vivrà vedrà»

di Federica Macagnone05 Novembre 2012
05 Novembre 2012

«Candidarmi? Mai dire mai». Prima di partire per il Guatemala, Antonio Ingroia, in un’intervista al Corriere della Sera, smorza i rumors che lo vorrebbero prossimo leader di un’ipotetica coalizione Idv-M5S e il «partito dei sindaci». Il procuratore aggiunto di Palermo, che ha seguito l’inchiesta sulla presunta trattativa stato-mafia, ha rivendicato la sua partecipazione al dibattito pubblico. «E’ un principio che vale per tutti, anche per i magistrati in partenza per il Guatemala. Candidarsi è un diritto di tutti e dall’estero sarò più libero di parlare visto che finora mi dicevano che un pm non può parlare».
Il magistrato, a luglio, ha accettato un incarico Onu di un anno come capo dell’Unità di investigazione e analisi criminale in Guatemala. «Non c’è nessuna fuga – ha sottolineato Ingroia – Dopo vent’anni di permanenza nello stesso ufficio, credo di aver esaurito un ciclo professionale e di aver colto l’occasione di un’altra esperienza, sempre nell’ambito della criminalità organizzata».
«Solo fantasie giornalistiche». Solo invenzioni e nulla di concreto per il pm palermitano pupillo di Paolo Borsellino e al centro di una serie di critiche al suo lavoro giunte anche da sinistra. «Mi considero – dichiara Ingroia – parte di quel mondo, dal quale mi sento un po’ tradito per la storia che la sinistra ha avuto, da PioLa Torre a Enrico Berlinguer. Mi viene il sospetto che queste critiche più che dai miei comportamenti o dai presunti errori derivino dal fatto che con l’inchiesta sulla trattativa siamo andati fuori linea».
Non si tira indietro Ingroia, convinto che il suo ruolo di pubblico ministero antimafia «non può limitarsi agli atti giudiziari». Sull’evolversi dell’inchiesta sulla trattativa stato-mafia Ingroia parla del difficile avanzamento delle indagini senza la collaborazione «di qualche uomo-cerniera tra la mafia e le istituzioni e non mi pare aria. Siamo arrivati al livello dei patti indicibili, stretti non da singoli politici o colletti bianchi ma da uno Stato che siglava accordi per una presunta ragion di Stato. Su questo gradino siamo ancora malfermi in attesa delle sentenze ma evidentemente abbiamo già dato sufficiente fastidio».

Federica Macagnone

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