“Dovremo essere preparati alla battaglia di Milano”: è questo il monito di Massimo Galli, virologo dell’Ospedale Sacco della città meneghina che, durante la trasmissione televisiva “Che tempo che fa”, ha spiegato che l’emergenza Coronavirus andrà arginata a breve anche nel capoluogo lombardo. “Non è questione di se, la battaglia ci sarà” ha proseguito Sacco, specificando che, di casi nella zona metropolitana di Milano, “già ce ne sono”: “Sarà fondamentale contenere il più possibile la diffusione del contagio, prendendo le misure necessarie a evitare il peggio in una zona di così grande concentrazione di persone”, ha poi ulteriormente precisato il virologo, in un’intervista a La Repubblica.
Dopo le province di Lodi, Brescia e Bergamo, si prepara quindi a una estenuante trincea anche Milano: città simbolo della Regione che sta pagando il prezzo più alto in termini di vittime e di contagiati dal Covid-19. Un segnale della silente diffusione del virus lo stanno avvertendo anche i medici di base del capoluogo, che segnalano di molti casi di persone che rimangono a casa, pur presentando i sintomi della malattia, perché le strutture sanitarie ricoverano solo pazienti che presentano insufficienze respiratorie. In questa situazione emergenziale si sovrappongono anche problemi di tipo logistico e organizzativo: dalle mascherine fornite dalla Protezione Civile, definite dall’assessore al Welfare della Lombardia Giulio Gallera poco più che “carta igienica”, al nodo legato alla riconversione dei locali della Fiera di Milano in ospedale: su questo punto il braccio di ferro è sempre tra Istituzioni locali e Protezione Civile, che ritiene come non si riuscirebbero a garantire i regolari protocolli di sicurezza sanitaria.
Intanto un possibile metodo per arginare i contagi in Lombardia sarebbe quello di effettuare i tamponi anche a chi presente sintomi lievi o è del tutto asintomatico. Il Veneto ha adottato questa misura. Un modello che “potrebbe funzionare”, secondo la presidente dell’associazione mondiale per le malattie infettive e disordini immunologici Susanna Esposito: secondo l’esperta infatti, uno dei problemi è legato alla mancanza delle dovute precauzioni da parte dei soggetti che vengono isolate senza fare il tampone. “Chi non presenta febbre da più di due, tre giorni non viene controllato, viene messo in isolamento si, ma non adotta gli stessi comportamenti preventivi che adotterebbe sapendo di essere realmente positivo”, ha spiegato.