In un impeccabile italiano dall’accento americano, Amanda Knox, di nuovo a giudizio alla fine del mese con Raffaele Sollecito, spiega perché non sarà presente al prossimo appuntamento con la giustizia italiana. In un’intervista di Meo Ponte pubblicata oggi su Repubblica infatti, dice che “non torno perché fra un po’ comincia la scuola e dovrei frequentarla, la mia vita ora sta andando avanti e sto facendo di tutto per migliorare”.
Quindi, Amanda conferma che al nuovo processo di appello del 30 settembre per l’omicidio di Meredith Kercher, la sua sedia rimarrà vuota. Il nuovo processo in Corte d’Assise d’appello a Firenze lo ha deciso la Cassazione dopo aver annullato la sentenza d’appello di Perugia. Poi, continua la ragazza, “non ce la farei a fare ancora avanti e indietro tra due continenti, non me lo posso permettere perché è costosissimo” e, soprattutto “perché sono già stata anni in carcere ingiustamente”, anche se continua a sostenere di avere fiducia nei giudici.
Dal nuovo processo si aspetta che “il verdetto sia quello dell’appello precedente ma sono curiosa di quello che succederà perché la Suprema Corte ha detto che avrei dovuto essere condannata per via delle prove circostanziali che avevano un certo peso”. Ma, spiega, “la mancanza della presenza di me in quella stanza è la mia prova di innocenza e la Corte di Cassazione ha ignorato questo fatto”.
Poi si giustifica dicendo che avendo vent’anni era piccola e “non capivo quello che mi stava succedendo, avevo anche chiesto un avvocato che mi è stato negato”. Ma lei, parlando col giornalista, una sua idea di come sono andate le cose quella notte del primo novembre 2007 se l’è fatta e “il dna di Rudy Guede è dappertutto in quella stanza e anche sul cadavere della mia amica. Oltretutto dalle prove è emerso che lui spesso irrompeva nelle case e portava il coltello con sé. Poi quello che è successo di preciso in quella casa non lo so”. La Knox si dice “cresciuta 40 anni in quattro dopo questo processo. Con la tristezza enorme che ormai mi porta via, devo trovare il modo di sopravvivere a questa esperienza tremenda”. E conclude l’intervista così: “io ho fiducia nei fatti, ho fiducia in un verdetto giusto”.