Continua l’allerta maltempo in tutta Italia ed il Veneto è tra le regioni più colpite, con venti che hanno superato i 180 km orari nelle valli e la diga del Comelico nel Bellunese satura di detriti e tronchi. Quattordici milioni gli alberi distrutti dal maltempo tanto che la conta dei danni potrebbe richiedere mesi. Lorenzo Marchi, membro del collegio dei docenti del Corso di Dottorato “Land Environment Resources and Health” presso Università di Padova e Primo Ricercatore all’IRPI, Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (IRPI), uno degli istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), ha fornito a Lumsanews un’ampia panoramica del problema.
Può farci una panoramica degli ambienti a rischio sul nostro territorio?
“Buona parte del territorio nazionale è esposto a rischi idraulici e geologici. Nel Nord est, oltre alle elevate precipitazioni, si è verificata la caduta degli alberi, che ha aggravato di molto la situazione. Abbiamo un evento di bench mark che è quello del novembre ’66 (l’alluvione di Venezia del 4 novembre 1966, conosciuta anche come acqua granda), che per alcuni aspetti è stato raggiunto. Fortunatamente ci sono stati molti meno morti perché la gestione dell’evento è stata più accurata, i modelli previsionali hanno svolto il loro compito e i serbatoi idroelettrici tramite un lavoro di laminazione hanno contenuto i danni”.
Danni che comunque sono stati ingenti…
“Impossibile che ciò non accada quando piove in quel modo. Ma le misure preventive hanno funzionato bene, grazie anche all’impiego di tecniche più avanzate”.
Sarebbe stato possibile evitare il dramma del meridione?
“Di quello che non conosco non posso e non devo parlare. Bisognerebbe averne una conoscenza diretta altrimenti diventerebbe anche poco deontologico trattare l’argomento”.
Qual è il ruolo delle regioni nell’attuazione di misure di prevenzione?
“Gli enti regionali e gli enti territoriali si occupano del territorio e quindi la gestione delle emergenze dovrebbe essere una loro priorità”.