Tra gli effetti collaterali del coronavirus c’è anche la corsa alle farmacie, ormai gli unici esercizi a restare aperti insieme ai supermercati e a poco altro. In tempo di emergenza sanitaria aumenta anche la vigilanza sugli scambi di prodotti farmaceutici.
Una relazione dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (Euipo) stima a circa quattro miliardi di euro il valore complessivo degli scambi mondiali di farmaci contraffatti. Le mancate entrate per gli stati dell’Unione Europea si aggirano intorno ai due miliardi di euro.
Dal 2014 al 2016 gli antibiotici e gli antidolorifici contraffatti sono tra i prodotti sequestrati più volte dalle autorità, insieme ad alcuni anestetici locali e a farmaci antitumorali o antidiabetici. Lo studio sembra attuale anche alla luce di quanto accade in questi periodo. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) stima il tasso dei decessi per l’utilizzo di questi farmaci, che ogni anno potrebbero causare 116mila morti, oltre a una perdita di 80mila posti di lavoro.
Dallo studio emerge che l’India e la Cina sarebbero i maggiori produttori di prodotti farmaceutici falsificati, mentre Singapore e Hong Kong sono le principali zone di transito di questa merce. Le aree in cui il traffico è maggiore sono gli Stati Uniti e il Regno Unito, ma anche la Francia, la Germania, l’Austria e la Svizzera.
A lanciare l’allarme è il direttore esecutivo dell’Euipo Christian Archambeau: “I prodotti farmaceutici contraffatti possono rappresentare una minaccia diretta per la salute e la vita. Per affrontare questo problema è necessario che l’attuale coordinamento a livello nazionale e dell’Ue sia ulteriormente rafforzato e sostenuto da azioni globali”.
