Dopo le contestazioni ricevute dalla comunità internazionale e dalle organizzazioni umanitarie per l’assedio dell’ospedale di al Shifa – il più grande della Striscia di Gaza -, Israele, attraverso la diffusione di una serie di immagini e filmati, cerca di dimostrare che il complesso ospedaliero sia stato utilizzato come “infrastruttura terroristica” da parte dei miliziani di Hamas.
All’interno della struttura, infatti, sono stati trovati non solo una sala di comando e un tunnel, ma anche una quindicina di kalashnikov, granate, pick-up ed equipaggiamento. Un filmato, registrato la mattina del 7 ottobre 2023, mostra inoltre due uomini con la faccia oscurata trascinati di forza da un gruppo di individui armati con il fucile. Secondo il portavoce dell’esercito israeliano (Idf) Daniel Hagari si tratta di due ostaggi.
La trattativa sugli ostaggi
Proprio in merito a quest’ultimo aspetto un accordo sugli ostaggi tra Hamas e Israele potrebbe essere vicino. Secondo quanto riportato dal Washington Post, infatti, nei prossimi giorni decine di donne e bambini potrebbero essere rilasciate in cambio di un cessate il fuoco di cinque giorni. Il quotidiano americano riporta che i termini della trattativa – contenuti in un documento di sei pagine – prevedono il rilascio di gruppi di 50 persone ogni 24 ore. Hamas sostiene che la tregua scatterà già nella giornata di lunedì 20 novembre, ma Israele smentisce.
La commissione parlamentare per la sicurezza nazionale dello Stato di Israele – su iniziativa del partito di estrema destra “Potere ebraico” – ha avviato, in queste ore, un dibattito sulla pena di morte, mettendo in allarme le famiglie degli ostaggi, che li hanno accusati di “mettere a repentaglio le vite dei loro congiunti” e di rischiare di compromettere le trattative con i rapitori.
L’assedio degli ospedali e gli attacchi di Hezbollah alle basi israeliane
Sul campo, nel frattempo, continua l’assedio degli ospedali nella Striscia da parte dell’esercito isreaeliano. Secondo il portavoce del ministero della Sanità di Hamas, Ashraf al-Qidreh, almeno “12 pazienti e i loro parenti” sono stati uccisi e decine di persone sono rimaste ferite negli attacchi israeliani contro l’ospedale Indonesiano a nord di Gaza City, il che fa temere che “accada la stessa cosa che ad al Shifa”, recentemente evacuato. Ventotto bambini prematuri provenienti da quest’ultima struttura sono arrivati questa mattina al valico di Rafah.
Hezbollah, invece, ha rivendicato l’attacco alle basi israeliane nel sud del Libano, dove continuano gli scontri tra i miliziani e le forze dell’Idf. Inoltre, secondo quanto dichiarato dall’esercito dello stato ebraico, tre comandanti di compagnia di Hamas sarebbero stati uccisi a nord della Striscia.
L’Anp cancella il comunicato che negava il coinvolgimento di Hamas
Il ministero dell’Autorità nazionale palestinese, nelle ultime ore, ha cancellato il comunicato in cui negava la responsabilità di Hamas nella strage del 7 ottobre al festival di musica nel kibbutz Reim, attribuendolo a un elicottero israeliano. Lo riporta il quotidiano Haaretz, citando fonti palestinesi che hanno dichiarato che il comunicato non era stato approvato dal presidente dell’Anp Abu Mazen.
L’entrata in scena della Cina
Sul fronte diplomatico, invece, il ministro degli Esteri cinesi Wang Yi, durante l’incontro con una delegazione di diplomatici provenienti da Paesi arabi a maggioranza musulmana, ha dichiarato che Pechino è disposta a lavorare per aiutare a “ristabilire la pace in Medio Oriente il prima possibile” e per “raffreddare la situazione a Gaza”. Anche la Cina paventa la soluzione dei “due Stati”, senza, tuttavia, condannare l’attacco iniziale di Hamas. Passaggio essenziale per pervenire a questa soluzione, secondo Pechino, è un riavvicinamento tra Arabia Saudita e Iran, al quale intende contribuire nell’immediato futuro. Le posizioni cinesi guardano in direzione analoga a quelle degli Stati Uniti, i cui sforzi sono tesi tuttavia – secondo quanto scritto dal Washington Post – anche ad evitare che l’autocrazia cinese di concerto a quella russa trascini il Sud del mondo.