Le forze talebane hanno affermato di aver neutralizzato una cellula dello Stato islamico, nota come Isis-Khorasan, presente nel diciassettesimo distretto di Kabul, poche ore dopo un attentato mortale fuori da una moschea della capitale afghana. Nell’attacco sono morte almeno 12 persone e altre 32 sono rimaste ferite. I sospetti si sono diretti subito verso l’affiliato locale del Califfato.
Un commando talebano ha compiuto un blitz nel covo dell’Isis, che si è concluso con la distruzione della base e l’uccisione di tutti i combattenti legati allo Stato islamico. A scriverlo su Twitter è stato il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, figlio della donna di cui si stava svolgendo il funerale nel momento dell’attentato a Kabul. Nell’esplosione all’ingresso della moschea Eid Gah sono morti sia civili che talebani.
L’intenzione dell’Isis-Khorasan, probabilmente, era quella di assassinare proprio Mujahid e l’azione terroristica è apparsa come un’irruzione dall’alto valore simbolico, che ha minato l’immagine di garanti della sicurezza dei nuovi padroni del Paese. Con la salita al potere dei talebani e il ritiro delle truppe straniere, infatti, sono aumentati gli attacchi dello Stato islamico. Il punto più alto è stato toccato con l’attentato all’aeroporto di Kabul a fine agosto, in cui avevano perso la vita circa 200 persone, ma la guerra interna ai gruppi terroristici in Afghanistan non sembra arrestarsi.
I talebani hanno scelto così di rispondere eliminando la cellula dello Stato islamico, per ribadire alla popolazione la capacità di arginare gli altri gruppi estremisti. Nonostante la pronta reazione, però, l’attentato subito alla Moschea non può non aver instillato negli afghani, ormai rassegnati alla nascita di un nuovo Emirato Islamico, il dubbio sulla loro reale forza nel garantire la sicurezza.