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Aerei F35, il Consiglio Superiore di Difesa boccia la mozione del Parlamento. «Decida il governo», e scoppia la polemica

di Marcello Gelardini04 Luglio 2013
04 Luglio 2013

Il Consiglio Supremo di Difesa entra a gamba tesa sulla questione F35 e stoppa le velleità ostruzioniste delle Camere. «Decide il governo. Il Parlamento non ha diritto di veto», recita la nota diffusa ieri dall’organismo composto, tra gli altri, dal Capo dello Stato Napolitano e dal premier Letta. Un’iniziativa messa in atto per superare lo stallo istituzionale degli ultimi giorni e tentare di porre fine a una questione che sta creando non poco imbarazzo al Colle.

La mozione della discordia. Soltanto una settimana fa la mozione approvata da quasi tutte le forze politiche in campo (400 i voti a favore, solo 149 i contrari) aveva bocciato la proposta del governo di procedere all’acquisto di nuovi cacciabombardieri F35 per ammodernare il potenziale militare italiano. In quel documento s’impegnava il governo a non procedere a nuove acquisizioni, nell’ambito del più ampio programma di acquisto dei caccia americani, senza che le Aule non si fossero espresse dopo un’indagine conoscitiva sull’effettiva necessità di arricchire l’arsenale interno; il tutto non prima di sei mesi. Una spesa, quella prevista dall’esecutivo, considerata troppo onerosa non solo dalle opposizioni, specialmente in una fase in cui i conti pubblici, pur in ripresa, non godono ancora di quel sufficiente benessere per procedere con iniziative del genere.
Conflitto tra i poteri. Poche, sibilline, righe quelle del Consiglio Supremo di Difesa che ai partiti, invece, sono apparse un segnale più che eloquente: in questa faccenda il parere del Parlamento conta poco o niente. Il veto delle Camere, però, si basa una legge del dicembre 2012 che dà al Parlamento l’ultima parola sull’acquisto di armi, ricordando di fatto al Governo che non può decidere senza un voto di merito da parte di senatori e deputati. Una motivazione che, evidentemente, non è bastata ai vertici della Difesa per avallare l’iter.
Nella nota si riconoscono le prerogative del Parlamento di sindacare liberamente su qualsiasi proposta dell’esecutivo ma, in questo caso, ci si troverebbe di fronte a «decisioni operative e provvedimenti tecnici» che, per loro natura, sottintendono l’ultima parola da parte di Palazzo Chigi.
Le reazioni. La sollevazione non si è fatta comunque attendere; in ballo ci sono le prerogative di un potere legislativo che, in questo modo, si è visto notevolmente depotenziato.
Per il Movimento 5 Stelle si tratta di uno «schiaffo al Parlamento; l’ennesima prova di come venga concepito come mero ratificatore dei provvedimento governativi». Gli fa eco il democratico Giuseppe Civati, per il quale la presa di posizione del Consiglio Superiore di Difesa «è un fatto di estrema gravità, rispetto al quale il Presidente della Repubblica e, soprattutto, la presidente della Camera dovrebbero riaffermare la sovranità del Parlamento». Agguerrito Gennaro Migliore (Sel) secondo cui la mozione «non avrebbe l’intento di bloccare il programma di acquisto degli F35 ma conterrebbe solo un indirizzo al governo». Più direttala Legache chiede al ministro della Difesa Mauro di «riferire quanto prima alla Camera sulla vicenda». Gettano, invece, acqua sul fuoco il presidente della commissione Difesa della Camera, Elio Vito, per il quale con la nota del Consiglio sono state comunque rispettate le prerogative del Parlamento; mentre per il suo omologo a Palazzo Madama, Nicola Latorre, parla di «polemica pretestuosa».
Resta comunque il fatto che, la puntualizzazione di ieri, s’inserisce in un momento di forti tensioni nel governo delle larghe intese e rischia d’infuocare ulteriormente il dibattito a ridosso della pausa estiva. L’ulteriore prova del nove sulla tenuta di un esecutivo nato sotto una stella, se non proprio sbagliata, perlomeno offuscata.

Marcello Gelardini

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