SANTA BARBARA (CALIFORNIA) – Con David Crosby se ne va una delle icone della golden generation del folk rock americano. Due volte nella Rock and roll Hall of Fame, l’artista dai lunghi baffoni bianchi ha riscritto la storia del genere sulla scia dell’edonismo che ha caratterizzato lo stile dei più grandi rocker degli anni Sessanta e Settanta.
Come reso noto dal suo agente, Crosby si è spento a 81 anni a Santa Barbara, in California, circondato dall’affetto dei suoi cari. Ancora da chiarire le cause del decesso: in una nota rilasciata a Variety – periodico di intrattenimento statunitense che per primo ha parlato della morte dell’artista – la moglie Jan Dance ha accennato al protrarsi di una “lunga malattia”. “La sua eredità continuerà a vivere attraverso la sua musica leggendaria”, ha continuato.
Leggenda del cantautorato americano, ha guidato due delle più celebri band degli anni Sessanta: The Byrds e Crosby, Stilss, Nash. Il primo grande successo arriva con la cover di Mr. Tambourine Man (sì, il capolavoro di Bob Dylan), con cui la band scala le classifiche e si piazza al primo posto negli States e nel Regno Unito. Poi la consacrazione, ma anche i primi problemi: nel ’63 Crosby piange la morte di John Kennedy, alimentando le voci del complotto che circolavano sull’assassinio del presidente e suscitando le reazioni contrarie degli altri componenti della band, che più tardi si scioglierà.
Il secondo capitolo della sua storia ha un nome, anzi tre: Crosby, Stills, Nash, come il loro primo album, un successo generazionale, con due singoli che occuperanno la Top 40.
Sregolato – come i veri rocker – nel 1982 venne arrestato per possesso di armi, ha concluso la carriera da solista, ma la sua voce ha attraversato più generazioni. Impegnato politicamente a sinistra, partecipò al Live Aid di Filadelfia del 1985. Attivo su Twitter sino agli ultimi istanti di vita, ha difeso Greta Thunberg contro la polizia, definendola “coraggiosa”.