Roma e l’Italia si trovano a vivere una delle crisi idriche più grandi di sempre. I primi gravi segnali di siccità sono iniziati a partire da dicembre 2016, quando le precipitazioni sono state inferiori alla media. Nel territorio romano, poi, c’è stata una decisa diminuzione delle piogge dal 2014 al 2017: fino al mese di agosto erano caduti meno di 200 millimetri di acqua A questo si aggiunge che il 2017, stando a quanto ha riferito la Coldiretti sulla base dei dati Noaa, National Climatic Data Centre, che misura le temperature mondiali dal 1880, sarebbe stato il secondo anno più caldo del pianeta.
A farne le spese tra i primi è stato il lago vulcanico di Bracciano, a nord della metropoli romana. Dal 1990 è una delle sorgenti da cui l’Acea Ato 2, la società operativa del gruppo Acea che gestisce il Lazio centrale, cioè la zona di Roma e altri 111 comuni, preleva acqua potabile, o forse dovremmo dire prelevava: da settembre 2017 l’azienda ha interrotto le captazioni, fino a data da destinarsi. «È nostra ferma intenzione non riprendere più i prelievi dal Lago ma corre ricordare che l’opera di derivazione, eseguita quasi 30 anni fa, è stata concepita per far fronte alle esigenze potabili della Capitale», spiega a Lumsanews l’ingegner Lorenzo Pirritano, responsabile gestione operativa di Acea Ato2.
La concessione del 1990 prevedeva la derivazione media di 1.100 litri al secondo ed una punta che può raggiungere i 5.000 in caso di emergenza. «Il valore medio del prelevato dall’inizio dell’anno 2017 è inferiore ad 800 litri al secondo e la massima portata derivata non ha mai superato i 2.000», scrive Pirritano. Il 5 luglio è stato dichiarato dal governatore della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, lo stato di calamità naturale, confermato anche dal ministero dell’Ambiente il 7 agosto. Viene presa consapevolezza del fatto che il lago di Bracciano non può più essere fonte di acqua potabile per la Capitale. L’Acea ha annunciato, quindi, che sarebbe stata razionata l’acqua ai romani nelle ore notturne, per sopperire a delle mancanze durante il giorno. La sindaca Virginia Raggi, allarmata, chiedeva di «assicurare» il servizio. Si è, quindi, ritenuto opportuno bloccare in modo graduale le captazioni dal Lago, cosa che è avvenuta in via definitiva dal 14 settembre.
Ma il livello delle acque continua a scendere: ormai è a -193 centimetri (ultima rilevazione il 5 novembre), quasi 2 metri sotto la media e la costa si è ritirata di 74 metri, quasi una quarantina solo da giugno a novembre 2017. «Il fatto che non piova determina due cose: non entra acqua, ma ne continua a uscire per effetto dell’evaporazione dovuta dal caldo e dal sole», spiega a Lumsanews Emanuele Perugini, animatore del sito Bracciano Smart Lake, una piattaforma web sempre aggiornata. L’andamento di un lago che è alimentato prevalentemente dalle precipitazioni è piuttosto prevedibile: solitamente nei mesi autunnali il livello delle acque raggiunge sempre il minimo storico. «Questa volta il problema deriva dal fatto che è stata prelevata acqua anche se non c’era nessuna entrata», aggiunge Perugini.
«Abbiamo sempre effettuato misurazioni ed anche analisi sulla qualità delle acque ma nella concessione non esistono vincoli sui livelli per i quali assumere particolari accorgimenti. Il lago continua a prosciugarsi anche dopo l’interruzione del nostro prelievo. Quindi è evidente che ad altri competeva e compete questo tipo di controllo», chiarisce Pirritano.
Anche l’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, in un documento del primo agosto 2017, imputerebbe la causa dell’eccessivo abbassamento delle acque alla mancanza di un “attento monitoraggio dei prelievi” che si rende “poco compatibile con una strategia di conservazione degli ecosistemi lacustri presenti”. Questo primo rapporto è stato confermato da una seconda relazione a seguito della terza e ultima ispezione al Lago. «I sopralluoghi effettuati tra luglio e settembre 2017 hanno evidenziato la riduzione, il degrado e la perturbazione dell’habitat. Pertanto sono richieste misure per mitigare o eliminare le minacce allo stato di conservazione riconducibili alla categoria “Cambiamenti nelle condizioni idrauliche indotte dall’uomo”».
LINK RELAZIONE ISPRA AGOSTO 2017
LINK RAPPORTO ISPRA OTTOBRE 2017
Ma la “danza della pioggia” e i prelievi d’acqua monitorati non si prospettano come le uniche soluzioni a questa crisi idrica. Dai dati Utilitalia, la Federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell’acqua, ambiente, energia elettrica e gas, risulta che in Italia ogni giorno c’è una dispersione di quasi 9 miliardi di litri d’acqua a causa delle perdite. La sola rete idrica gestita dal gruppo Acea Ato 2 dissipava il 45% a causa di rotture o allacci abusivi, ora in via di risoluzione. Inoltre l’acqua pubblica a Roma è tra le più economiche in Europa e il livello di finanziamenti per il rinnovo degli acquedotti è tra i più bassi. «Il governo è impegnato in un piano di riduzione delle perdite della rete idrica e in uno contro la siccità che per la prima volta si propone di valorizzare l’accumulo di acqua piovana in duemila bacini di piccole e medie dimensioni», ha detto il premier Paolo Gentiloni al summit internazionale “Acqua e clima. I più grandi fiumi del mondo a confronto” tenutosi dal 23 al 25 ottobre in Campidoglio.
Una prima soluzione sembrerebbe essere in dirittura d’arrivo, dopo mesi di siccità e un ecosistema danneggiato. Ma manca ancora qualcosa: «Non c’è nessuno che si prenda la responsabilità di stabilire fino a che punto si può prelevare acqua da Bracciano. Stiamo aspettando che qualcuno ci dica come si rimette a posto la situazione e come va gestito il lago, perché l’ordinanza del giudice del tribunale delle acque a dicembre scadrà», racconta preoccupato Emanuele Perugini. «La convenzione è stata palesemente violata. Il gestore (Acea Ato 2, ndr) non la sente più come tale, avendola ampiamente infranta. Quindi bisogna aspettare un nuovo intervento».