Governo e sindacati hanno trovato un’intesa sulle attività da chiudere per l’emergenza Coronavirus. Dopo un incontro tra le parti è stato rivisto l’elenco delle attività produttive considerate essenziali e indispensabili, contenuto nell’allegato al Dpcm. L’accordo è stato raggiunto nel corso del confronto conclusivo tra i ministri dell’Economia, Roberto Gualtieri, e dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, insieme ai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. Lo stesso Dpcm del 22 marzo prevede che l’elenco delle attività possa essere modificato con decreto del ministero dello Sviluppo economico, sentito il ministero dell’Economia e delle finanze. L’aggiornamento potrebbe arrivare già in giornata.
L’elenco delle attività
Dall’intesa tra governo e sindacati arriva una nuova lista delle attività che potranno rimanere aperte. Per ora solo una bozza in attesa che il decreto si materializzi in Gazzetta Ufficiale.
In particolare, stop alla fabbricazione di spago, corde, funi e reti e di articoli in gomma, tra cui pneumatici. Escono dal decreto anche la fabbricazione di macchine per l’agricoltura e la silvicoltura e di macchine per l’industria alimentare, delle bevande e del tabacco (incluse parti e accessori); fuori il commercio all’ingrosso di altri mezzi e attrezzature da trasporto, escluse auto, moto e bici. Entrano invece la produzione di macchine automatiche per la dosatura, la confezione e per l’imballaggio e la fabbricazione di vetro cavo; di radiatori e contenitori in metallo per caldaie per il riscaldamento centrale; di imballaggi leggeri in metallo; di batterie di pile e di accumulatori elettrici. Ingresso anche per attività delle agenzie di lavoro temporaneo, che operano in relazione alle attività industriali e commerciali aperte, e altri servizi di sostegno alle imprese per le consegne a domicilio.
Vengono rimodulate le voci relative alla fabbricazione di carta escludendo ad esempio cartotecnica e carta da parati; la fabbricazione di prodotti chimici e di articoli in materie plastiche; la riparazione e manutenzione, installazione di macchine e apparecchiature con diverse esclusioni. Per l’ingegneria civile sì alle opere di pubblica utilità con alcune esclusioni come la costruzione di opere sportive, idrauliche e chimiche. Viene invece limitata l’attività dei call center, escludendo quella in uscita e i servizi telefonici a carattere ricreativo; possono operare quelli in entrata in relazione a contratti stipulati con soggetti che svolgono attività economiche che restano aperte, essenziali.
Sul fronte dei benzinai, dopo le parole del premier Giuseppe Conte ed una riunione con il Mise, rientra per ora la protesta della categoria, che aveva avvertito del rischio di chiudere gli impianti, per una questione di sicurezza e di sostenibilità economica.
Le reazioni
I sindacati parlano di “risultati positivi”. “La tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori è oggi l’obiettivo prioritario”, ha detto Annamaria Furlan (Cisl). “Abbiamo ridotto il numero delle attività essenziali” e, quindi, “il numero di persone che dovrà andare a lavorare e abbiamo chiarito quelli che sono i settori essenziali e le produzioni che invece in questo momento è utile sospendere”, ha sottolineato Maurizio Landini (Cgil). Positivo il giudizio anche di Carmelo Barbagallo: resta “un fatto fondamentale” l’applicazione del protocollo per la sicurezza nelle fabbriche e non solo firmato lo scorso 14 marzo. Dopo l’intesa è intervenuta anche Confindustria: ora “bisogna mettere da parte polemiche, strumentalizzazioni ed eccessi nel linguaggio” per “lavorare tutti nella medesima direzione e con senso di responsabilità.” Per gli industriali “siamo di fronte a due guerre, una al virus e una per difendere i fondamentali economici di Italia ed Europa”.
Con il blocco delle attività previsto dall’ultimo decreto del 22 marzo, il numero dei lavoratori italiani a casa è già di oltre 7,8 milioni, calcolano i consulenti del lavoro. Sullo sfondo gli scioperi già messi in campo dai sindacati dei metalmeccanici nel Lazio e in Lombardia, che secondo Fiom, Fim e Uilm hanno avuto un’alta adesione. Bisognerà vedere se la mobilitazione, già fissata fino al 29 marzo dalle tute blu a livello nazionale, avrà luogo o meno.
Le garanzie per chi resta a casa
In un incontro in videoconferenza, dopo anche la protesta dei sindacati contro la decisione delle aziende di utilizzare le ferie collettive, le parti hanno concordato che le giornate dal 16 al 27 marzo “non saranno più considerate come ferie collettive ma saranno coperte con ferie maturate nel 2019 o, se non disponibili, con permessi a recupero o istituti maturati nel 2020 su base individuale e volontaria”. È poi previsto dal al 3 aprile 2020 “l’avvio della Cig per Covid-19”. Nell’intesa anche la “possibilità, esclusivamente su base volontaria, di optare per istituti individuali in alternativa alla cassa integrazione” ed un “aumento delle attuali unità impegnate in smart working a 550”. Azienda e sindacati hanno “convenuto di ritenere, per l’anno 2020, superate le intese sulla fermata del mese di agosto riprogrammando le ferie”. Si “rincontreranno entro il 3 aprile per valutare le ulteriori azioni da intraprendere e valutare come proseguire per affrontare l’emergenza”.