MODENA – “La differenza tra i surrealisti e me è che io sono un surrealista”. A dirlo fu Salvador Dalì che, del surrealismo, fu inventore e massimo interprete. Per celebrare i 100 anni trascorsi dalla nascita di uno dei movimenti artistici più rivoluzionari del secolo scorso e i 120 passati dalla nascita del suo principale esponente al Palazzo dei Musei di Modena arriva una mostra a lui dedicata: Nella mente del maestro. A curarla è Beniamino Levi, presidente del Dalì Universe, con il patrocinio del comune di Modena.
L’allestimento propone una serie di opere, sculture, litografie acqueforti e fotografie, che testimoniano lo stretto legame tra il lavoro di Dalí e le teorie psicanalitiche diffusesi in quel periodo. Un legame raccontano più volte anche dallo stesso pittore spagnolo che una volta scrisse: “Nel periodo surrealista desideravo creare un’iconografia del mondo interiore, il mondo fantastico, quello del padre Freud. E ci sono riuscito!”. Un’iconografia del mondo interiore che emerge in opere come La persistenza della memoria, nota anche come Gli orologi molli, dove il tempo che scorre è suggerito dall’allungarsi delle ombre degli oggetti e dei personaggi o La Lumaca e l’angelo.
Il debito di Dalì con il padre della psicanalisi, tuttavia, riguarda anche la visione e la rappresentazione della sessualità e dei corpi. Nelle sue opere il represso desiderio sessuale dell’inconscio ha una rappresentazione frammentaria e prorompente, evocata, talvolta, anche da un solo attributo corporeo, sublimato dal suo stesso isolamento. L’artista spagnolo, che con le donne aveva avuto rapporti difficili in gioventù, ne racconta l’insondabile sessualità in sculture come la Donna in Fiamme (anch’essa in esposizione a Modena), in cui i cassetti che trafiggono il corpo femminile incarnano l’inconscio da decriptare.