Continua a salire il numero di giornalisti uccisi in Siria. Solo nel mese di gennaio ne sono morti 18, portando il numero delle vittime a 127 dall’inizio degli scontri fra lealisti , fedeli al regime di Bashar al-Assad e i rivoluzionari. A perdere la vita nei scorsi due mesi sono stati il giornalista belga Yves Debay e Muhammad al Hourani, inviato della televisione araba Al Jazeera. Sono stati uccisi da due cecchini, rispettivamente ad Aleppo a Darra. Altri tre attivisti della Rete di Informazione Libera sono stati colpiti a Damasco da un colpo di mortaio. Le circostanze in cui hanno perso la vita non sono chiare, molto spesso gli operatori dell’informazione si trovano in mezzo a conflitti a fuoco tra lealisti e ribelli, come nel caso della giornalista giapponese Mika Yamamoto, della “Japanese Press” uccisa lo scorso agosto durante una sparatoria fra le due fazioni. Yamamoto aveva avuto molte esperienze come inviata in Afghanistan e in Iraq, dove già una volta era sfuggita alla morte (2003) in occasione dell’attentato al “Palestine Hotel”.
I ribelli siriani accusano il regime di Assad di colpire volontariamente i lavoratori dei media, da parte sua Damasco continua ad imporre divieti e controlli severi ai giornalisti, che trovano molta difficoltà a muoversi nel paese e che, molto spesso per questo motivo, si uniscono ai rivoluzionari per spostarsi sul territorio. Per l’”International Press Istitute” il numero dei giornalisti caduti in Siria nel 2012 è pari a 39, la maggior parte stranieri come i due fotografi francesi Gilels Jaquier e Remi Ochlik, la giornalista americana Mary Colvin, i due giornalisti algerini Walid Bledi e Nassim Intriri, gli iracheni Fellah Taha Alei e Jabbour al- Kaabi, l’iraniano Maya Nasse, la già citata Mika Yamamoto ed altri ancora.
Dopola Siria, secondo l’Ipi, c’èla Somaliacon 8 morti. A seguire l’Indonesia con 7 e il Messico con 6. Ed è proprio il paese della America centrale, nel 2011, ad essere stato considerato il paese più pericoloso per i reporter con 10 vittime, superando addirittura l’Iran.
Il 2012 rischia di essere l’anno più sanguinoso per i giornalisti, superando anche il 2009 che aveva registrato 110 operatori dell’informazione uccisi. Negli ultimi 20 anni sono stati almeno 15 mila i reporter che hanno perso la vita sul lavoro.
Francesca Ascoli