Violenti disordini nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma ieri mattina, dove il rifiuto di un cittadino nigeriano di essere sottoposto a rimpatrio è degenerato completamente, dando luogo a degli scontri violenti. Il secco rifiuto di Victor, 29 anni, all’esecuzione del decreto di espulsione ha provocato la reazione delle forze dell’ordine e degli altri ospiti nigeriani del Cie che rappresentano circa il 40% della popolazione maschile ospite (43 su 132).
Oltre centomila euro di danni
La sede è stata completamente messa a soqquadro, con danni che ammontano intorno ai centomila euro. Più precisamente il settore maschile è stato vandalizzato e incendiato rendendo necessario l’intervento dei pompieri. Gomme bruciate e materassi dati alle fiamme. Duranti i momenti più violenti della protesta una poliziotta è rimasta ferita ad una mano ed è dovuta ricorrere alle cure mediche. Nella stessa mattinata degli scontri era prevista la presenza di una delegazione di giornalisti di diverse testate nazionali..
Le reazioni politiche
Un fatto quasi atteso, perlomeno da Angelo Marroni, Garante dei detenuti per il Lazio che dice: «Il clima è tale che qualsiasi episodio di vita quotidiana può essere il detonatore di proteste e di violenze». «Quello che è avvenuto nel centro d’identificazione ed espulsione di Ponte Galeria si configura come una grave sconfitta per la nostra democrazia. Tutti sono vittime, dalle forze dell’ordine ai detenuti, di un sistema inaccettabile». Lo ha detto Jean-Leonard Touadi, capolista del Partito Democratico alle prossime elezioni regionali, commentando le violenze di ieri mattina. Anche Chiara Colosimo, candidata alle elezioni regionali del Lazio con Fratelli d’Italia – Centrodestra nazionale, si esprime sull’accaduto: «L’ennesimo scoppio di violenza dimostra ancora una volta quanto sia presente l’emergenza immigrazione. Nessuna nazione può ospitare più persone di quante ne possa accogliere e non c’è niente di ‘umanitario’ nell’aprire indiscriminatamente le frontiere per poi destinare a una vita di marginalità».