Non è ancora chiuso il caso della diciottenne Roberta Scarcella, precipitata nel 2012 dal sesto piano del palazzo dove abitava, dopo una serata passata in discoteca insieme alle amiche. Ora le tre ragazze che avevano accompagnato a casa la giovane sono indagate. Dopo aver negato per due volte l’archiviazione richiesta dal pm, il gip di Napoli ha riaperto il caso del presunto suicidio, che invece potrebbe rivelarsi essere un omicidio. Saranno decisivi i risultati dell’incidente probatorio chiesto all’inizio del 2018 dal sostituto procuratore Giorgia De Ponte e di cui oggi si aspettano le relazioni dei consulenti, affidate a esperti di ingegneria e a medici legali. Quello che si vuole capire è se quella caduta fosse volontaria oppure provocata da qualcuno.
Sono infatti emerse delle incongruenze nelle testimonianze rese dalle tre ragazze. Una di loro sostiene che la ragazza fosse seduta dando le spalle alla finestra prima di gettarsi nel vuoto, mentre le altre due amiche dicono di aver visto Roberta lanciarsi in avanti, facendo leva con i gomiti e le braccia. A ciò si aggiunge il racconto di una condomina, che avrebbe parlato di un litigio avvenuto poco prima della morte. C’è poi anche il particolare della scarpa della ragazza, trovata sulle scale e non accanto al cadavere.
Era triste Roberta, perché aveva saputo che l’ex fidanzato aveva intrecciato una nuova relazione con un’altra ragazza, e aveva bevuto qualche bicchiere di troppo quella sera, ma tutti la descrivono come una ragazza serena, che non aveva mai fatto cenno a propositi di suicidio.
Le tre giovani amiche hanno sempre respinto ogni responsabilità sulla morte dell’amica, ricordando anche il tentativo in extremis di salvare la ragazza da un improvviso e imprevedibile momento di difficoltà.