Social e socievoli nella stessa maniera. È questo il dato che emerge dalla ricerca scritta da Marco Conti, dirigente e consigliere scientifico del CNR e apparsa ieri su Scienza in rete, il sito che raccoglie la Ricerca italiana nel mondo.
Con l’avvento di Facebook e Twitter, i social network per antonomasia, in cui i limiti nello stringere amicizia virtuale sono veramente pochi, se non quasi inesistenti, si potrebbe pensare che gli uomini siano diventati molto più socievoli, amichevoli. Questo però non è vero: a un numero elevato di amici su Facebook o di follower su Twitter non corrisponde, secondo lo studio, lo stesso numero di interazioni tra gli utenti.
Quindi, partendo dal presupposto che esiste una ego network, ovvero una rete sociale formata da una persona, l’ego, e da tutte le persone con cui l’ego ha un collegamento sociale, indicate come “gli altri”, si può ben notare che il numero di Dunbar, che fissa in 150 il numero di relazioni sociali che un individuo può mantenere attive, vale tanto per le relazioni sociali online che per quelle offline. Il numero di Dunbar è ottenuto da una combinazione tra un vincolo cognitivo del nostro cervello, che possiamo chiamare cervello sociale, e un vincolo temporale, utilizzabile per socializzare.
Grazie alla ricerca, si è avuto modo di toccare con mano un nuovo livello all’interno delle ego network, che contiene in media 1,5 persone. Prima era possibile solo ipotizzarlo, data la dimensione limitata del dataset disponibile per le reti offline.
Facebook e Twitter hanno quindi solo cambiato il modo di gestire le relazioni sociali, ma non incrementano la nostra capacità di socializzare. I numeri, a volte, rimangono solo numeri e gli amici, quelli veri, sono sempre gli stessi.