HomeEsteri Paolo Dall’Oglio sarebbe ancora vivo, nelle mani dell’Isis

Rapimento Paolo Dall'Oglio
sarebbe vivo in mano a Isis
A rivelarlo è il Times

Forse oggetto di una trattativa

Il Vaticano: "Nessuna conferma"

di Marco Valentini07 Febbraio 2019
07 Febbraio 2019

Paolo Dall’Oglio, il sacerdote gesuita rapito nel 2013 in Siria, sarebbe ancora vivo e sarebbe oggetto di una trattativa tra lo Stato islamico e le forze della coalizione curdo-araba. A rivelarlo è il quotidiano britannico Times, venuto a conoscenza della notizia da non meglio precisate fonti curde.

Stando a quanto scrive il Times, padre Dall’Oglio farebbe parte di un più ampio negoziato che l’Isis starebbe portando avanti per alleggerire la pressione della coalizione, sostenuta anche dagli Stati Uniti, in una delle ultime sacche di resistenza del califfato in territorio siriano. In cambio di un passaggio sicuro i miliziani offrirebbero la liberazione di tre prigionieri: Dall’Oglio, il giornalista britannico John Cantlie e un’infermiera neozelandese.

Per il momento non arriva nessuna conferma dal Vaticano. “Non abbiamo nessun riscontro”, è il commento che fonti qualificate hanno rilasciato all’Ansa.

Il rapimento di Paolo Dall’Oglio avvenne il 29 luglio del 2013 nei pressi di Raqqa, cittadina nel nord della Siria, al tempo roccaforte e capitale dello Stato islamico. Si persero le tracce del sacerdote mentre era impegnato in un’azione di mediazione per la liberazione di alcuni ostaggi nella zona nord orientale del Paese. Stava inoltre cercando da tempo di riappacificare i rapporti tra i combattenti jihadisti e i curdi. Il rapimento non ha mai avuto nessuna rivendicazione ufficiale da parte di alcuna cellula terroristica operante nella zona, ma è ragionevolmente attribuibile ad un gruppo di fondamentalisti vicini ad Al-Qaeda.

Dall’Oglio, presente in Siria sin dai primi anni ’80, era stato espulso dal Paese nel 2012, dopo che in seguito allo scoppio della guerra civile aveva chiesto, per arrivare ad una conciliazione tra le parti, una transizione democratica che garantisse una rappresentanza di tutte le anime del paese nelle istituzioni. Richiesta sgradita al presidente Bashar al Assad, che firmò il decreto di espulsione.

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