“Continuiamo a credere che sia possibile trovare una soluzione alla crisi in Venezuela solo portando sia il governo sia l’opposizione al tavolo dei negoziati altrimenti ci sarà il cambio di regime che l’Occidente tanto brama. Non c’è un solo Paese dove la vita sia migliorata in seguito a un cambio di regime”, lo ha detto il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov parlando agli studenti dell’università russo-tagika di Dushanbe.
Dopo aver lavorato per tutto il fine settimana per giungere a una mediazione internazionale che sbloccasse la crisi, Mosca resta spiazzata per il riconoscimento di Juan Guaidò come presidente ad interim del Venezuela da parte di molti Paesi dell’Unione Europea. Ieri mattina, la prima reazione da parte del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, alla mossa dei paesi dell’Ue era stata questa: “Qualsiasi soluzione alla crisi politica interna del Venezuela è possibile facendo decidere i venezuelani stessi”.
L’Italia invece blocca la posizione comune dell’Europa. Il governo gialloverde resta a metà tra Nicolàs Maduro e Juan Guaidò. Ma, di fatto, Roma è il Paese europeo che di più si avvicina all’erede di Ugo Chavez. Tanto che ieri il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è intervenuto sulla questione per invitare il governo a riavvicinarsi agli alleati. Per Mattarella, nella scelta tra “volontà popolare” (Guaidò) e violenza (Maduro) non devono esserci incertezze: l’Italia deve schierarsi al fianco di Stati Uniti, Canada e con gli alleati della Ue a favore del presidente ad interim per chiedere le elezioni anticipate.
Dopo il richiamo del Presidente della Repubblica, Palazzo Chigi nella tarda serata di ieri ha annunciato che “L’Italia appoggia il desiderio del popolo venezuelano di giungere nei tempi più rapidi a nuove elezioni libere e trasparenti, attraverso un percorso pacifico e democratico, nel rispetto del principio di autodeterminazione”.