HomeEsteri Falkland-Malvinas: gli isolani votano per rimanere britannici. Vincerà il “sì” ma è il “referendum della discordia”.

Falkland-Malvinas: gli isolani votano per rimanere britannici. Vincerà il “sì” ma è il “referendum della discordia”.

di Giulia Di Stefano11 Marzo 2013
11 Marzo 2013

Poco meno di 1700 elettori, esito e polemiche internazionali scontate. Così si presenta il referendum che in queste ore ha portato alle urne gli abitanti delle isole Falkland-Malvinas, per scegliere se rimanere sotto il governo britannico. Il risultato sarà reso noto in serata e sarà certificato da un gruppo di osservatori indipendenti, provenienti da Messico, Canada, Uruguay, Paraguay, Cile, Stati Uniti e Nuova Zelanda. Buenos Aires: “Il voto non avrà nessun valore”.
Il referendum “Desidera che le isole Falkland mantengano il loro status attuale di Dipendenza d’Oltremare del Regno Unito?” recita il quesito sulla scheda. La vittoria del “sì” è così scontata che le agenzie di scommesse inglesi non accettano scommesse in merito.
Tutti i kelpers, come sono chiamati gli abitanti delle isole, intervistati da Associated Press, hanno dichiarato che voteranno per il mantenimento dello status attuale: il governo delle Falkland è una democrazia diretta che in gran parte si auto-governa, tuttavia il Regno Unito gestisce la sua Difesa e gli Affari esteri, e il rappresentante della Regina ha potere di veto sulle sue decisioni. Il referendum indetto da Londra arriva in risposta alla mobilitazione internazionale del governo argentino di Cristina Fernandez de Kirchner, che vuole rilanciare il reclamo di sovranità argentino sull’arcipelago. I britannici sponsorizzano l’iniziativa come l’espressione dell’autodeterminazione del popolo. Ma una nota del ministero degli Esteri argentino ha ribadito ieri di non attribuire nessuna autorevolezza al voto, poiché gli attuali residenti delle Falkland-Malvinas sono tutti “impiantati”. “Le risoluzioni dell’Onu chiedono a Londra – si legge sempre nella nota del governo argentino – di risolvere la disputa in maniera bilaterale, tenendo conto degli interessi, e non dei desideri, degli abitanti delle isole”. Il Regno Unito, intanto, cerca l’appoggio degli Stati Uniti: subito dopo il voto, i deputati locali Sharon Halford e Mike Summers dovrebbero volare a Washington per parlare con i membri del Congresso.
In merito alla questione delle Falkland-Malvinas, il governo americano ha sempre mantenuto però un atteggiamento neutrale. E anche le ultime dichiarazioni del segretario di Stato John Kerry, in una sua recente visita a Londra, sembrano proseguire su questa linea. “La nostra posizione sulle Falkland non è cambiata – ha detto Kerry – gli Usa riconoscono l’amministrazione de facto del Regno Unito, ma non prendono posizione sulle rivendicazione di sovranità delle parti”.
L’arcipelago conteso Una manciata d’isolotti nel sud dell’Atlantico, un piccolo apostrofo dirimpetto alla punta meridionale dell’Argentina. Le isole Falkland – Malvinas per gli argentini – sono già da un paio di secoli territorio d’oltremare della Gran Bretagna. Nella primavera del 1982, una spedizione militare argentina occupò l’arcipelago. La reazione della Gran Bretagna, al tempo governata da Margaret Thatcher, la “lady di ferro”, fu tempestiva e decisa: in poche settimane le navi da guerra e gli aerei britannici riconquistarono le Falkland. Le isole contano oggi poco meno di 3000 abitanti, per lo più di origine inglese. “Dal referendum emergerà con chiarezza che la maggioranza degli abitanti è molto soddisfatta con lo status attuale delle Falkland – ha dichiarato un membro dell’assemblea legislativa locale – ma  sarebbe ingenuo pensare che l’Argentina cambierà idea: comunque speriamo trasmettere un messaggio forte e chiaro per loro, e per il resto del mondo”.
Giulia Di Stefano

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