Nove campionati riconosciuti dalla Figc, partendo dalla Serie A fino alla Terza Categoria. Escludendo i due campionati professionistici (Serie A e B) e tutte le coppe parallele ai campionati, il numero di partite di calcio che settimanalmente vengono disputate in Italia è enorme.
Circa 4100 gare ogni weekend. E quindi, a dirigere giocatori di tutte le età e provenienze, migliaia di arbitri.
Sono ragazzi giovani, a volte giovanissimi (l’età minima per arbitrare è 15 anni). Sempre più spesso diventano oggetto di insulti, minacce, pestaggi. Molte volte scendono in campo da soli, perché l’arbitraggio “in terna” (con gli assistenti) è previsto dalle gare di Promozione in su; il tutto per poche decine di euro di rimborso, che arriveranno dopo mesi.
L’ultimo grave episodio l’11 novembre scorso a San Basilio, quartiere periferico di Roma. Due schiaffi da parte di tifosi violenti hanno fatto svenire Riccardo Bernardini, arbitro della sezione di Ciampino, facendogli battere la testa e procurandogli tre punti di sutura. Ma quello di Riccardo è solo l’ultimo di una lunga serie di episodi spiacevoli.
L’Osservatorio sulle violenze dell’Associazione Italiana Arbitri ha fornito i dati sulle aggressioni ai fischietti da giugno 2017 a luglio 2018. I casi accertati sono 451, di cui 110 definiti “gravi”. Per la maggior parte causate da calciatori (307) e in minima parte da dirigenti o “estranei”, le aggressioni raggiungono il picco in Seconda Categoria (110), seguita dalla Terza Categoria (75) e dalla Prima (69). Il numero si riduce sensibilmente se si analizzano Promozione ed Eccellenza (33 casi in tutto), mentre non esistono casi di aggressioni in Serie A, Serie B, Lega Pro e Dilettanti. Questo perché più si sale nella gerarchia dei campionati e maggiori sono le tutele per gli arbitri. Persiste però una netta spaccatura tra Nord e Sud Italia.
Di fronte a questi numeri allarmanti, la Figc ha deciso di inasprire le sanzioni per i casi di violenza nei confronti degli ufficiali di gara.
IL REGOLAMENTO
Ma, nel concreto, come fa un arbitro a tutelarsi? Nelle serie maggiori il dispiegamento massiccio di forze dell’ordine e l’enorme esposizione mediatica fungono da deterrente. Ma nei campi di periferia la storia è diversa. Nelle sezioni, dove si formano e si confrontano gli arbitri, viene insegnato che in caso di aggressione l’unica cosa da fare è scappare, cercare riparo. Rispondere con la violenza, oltre ad essere una scelta infelice, è vietato dai regolamenti: la pena è il ritiro della tessera.
La Regola 5 del Regolamento del gioco del calcio, quella che disciplina i doveri dell’arbitro , tra le “Decisioni ufficiali Figc” (pag. 55) fornisce un’indicazione preziosa per gli arbitri: è possibile per loro non dare inizio alla gara nel caso ritengano che non ci siano le condizioni minime di sicurezza.
Per quanto riguarda i parametri per la sospensione di una gara, l’articolo 64 delle Noif parla di “lancio di oggetti”, “uso di materiale pirotecnico” e di presenza nel recinto di gioco di persone “non autorizzate dalle disposizioni federali”.
In realtà, come spiega in un’intervista Salvatore Marzo, giudice sportivo siciliano, questa norma viene spesso disattesa ed è sempre il direttore di gara a dover fare un passo indietro: “Affinché la gara venga svolta, come è interesse comune di Figc e società, soprattutto quelle fuori casa che si sobbarcano spese per andare in trasferta”.
RIPARTIRE DAI GIOVANI
Responsabilizzare i più piccoli, imprimere un cambiamento partendo da loro. Questa è la ricetta individuata da “Sport&Fun”, un’associazione sportiva dilettantistica che organizza tornei di calcio giovanile in Campania la cui organizzazione in termini di sanzioni disciplinari fa sentire i giovani calciatori come veri atleti.
“Rapportiamo al mondo dei bambini lo stesso sistema che si applica agli adulti”. Giuseppe Pirozzi, presidente dell’associazione, in un’intervista a Lumsanews ha illustrato quali sono gli obiettivi che Sport&Fun vuole perseguire in materia di educazione allo sport e come intende raggiungerli.
“Abbiamo un regolamento che prevede multe e sanzioni disciplinari – ha affermato – e in alcuni casi abbiamo anche allontanato le società responsabili di disordini. Dispiace per i bambini, ma bisogna dare un segnale”.
È la strada della prevenzione e della educazione nel Paese che lo storico Paul Ginsborg ha definito “una repubblica fondata sul pallone”. Una strada che dovrebbe essere di ispirazione per tutte le società di calcio, a partire dai settori giovanili.