“Ti guardano come si guarda un moloch privo di vita, mentre l’anima tua in eterno vivrà per come mano di artista ti ha disegnato”. È una delle frasi scritte da Bernardo De Mura in “Genova – Cantico per un ponte”, pubblicato pochi giorni dopo il crollo del Ponte Morandi, edito Edizioni Effetto di Torino. Artista, letterato, studioso e divulgatore, ama definirsi “viandante della parola”. Insegnante di filosofia nei licei, cagliaritano di nascita, è considerato uno dei massimi esperti di arte oratoria. Ha avuto oltre 4mila allievi tra seminari e altri incontri in cui ha insegnato l’arte di parlare in pubblico a politici, avvocati, attori e tante altre categorie di professionisti.
“È disdicevole prendersela con Riccardo Morandi, quel ponte lo pensò sessant’anni fa, quando non c’erano i mezzi superpesanti di oggi e anche i flussi di traffico erano diversi. In realtà anche il ponte è un organismo vivente e aveva bisogno di cure, ma nessuno gliele ha mai prestate. “Genova – Cantico per un ponte” è un’opera che oltre a diventare un curioso caso di letteratura applicata alla realtà, sta conoscendo una inattesa notorietà tra gli addetti ai lavori perché Bernardo De Muro, che a 80 anni ha deciso di “esiliarsi volontariamente” nel Nord Ovest Sardegna, è stato più volte invitato a incontri formativi, seminari e convegni riservati a chi di costruzioni ne sa.
“Nella sofferenza, in lutto dolente, rimarranno le famiglie dei morti e quelle dei vivi, e con esse la scuola delle italiche idee”. Una difesa d’ufficio che ha commosso Maurizio Morandi, figlio dell’architetto che realizzò il ponte che univa Genova. “Ci siamo visti a un convegno – racconta l’autore all’ANSA – commosso e abbracciato mi ha detto: “È strano che non debbano riprendere il ponte di mio padre”