Raffaele Marra, ex capo del personale del Comune capitolino, è stato condannato a tre anni sei mesi dal Tribunale di Roma. La seconda sezione penale ha sentenziato la sua colpevolezza nell’ambito dell’accusa di corruzione. Nel procedimento, iniziato due anni fa, era coinvolto anche il costruttore Sergio Scarpellini, scomparso il 20 novembre scorso. Secondo l’accusa, nel 2013 l’imprenditore avrebbe staccato due assegni circolari da 367 mila euro totali, intestandoli alla moglie di Marra. L’ex braccio destro di Virginia Raggi all’epoca era direttore dell’ufficio alle politiche abitative.
Inoltre Marra sarà interdetto dai pubblici uffici e dovrà pagare un risarcimento di 100 mila euro in favore di Roma Capitale. Prevista anche la confisca dell’appartamento in zona Prati Fiscali, di proprietà della moglie dell’ex dirigente, al centro della vicenda perché acquistato con il denaro elargito da Scarpellini. Inutile la restituzione dei soldi al costruttore, messa in atto da Marra a processo avviato e letta come una “mazzetta” dall’accusa.
Raffaele Marra aveva talmente tanto potere da essere definito il “Rasputin del Campidoglio”. Ex ufficiale della Guardia di Finanza, ha iniziato a lavorare con Gianni Alemanno quando era ministro dell’Agricoltura. Quando nel 2008 Alemanno vince le elezioni comunali a Roma, Marra si trasferisce al Comune insieme all’ex tesoriere Franco Panzironi, ora a processo per mafia capitale, dove diviene dirigente. Per alcuni anni lavora anche in Rai, sempre come dirigente, e per Renata Polverini quando lei era presidente del Lazio. Durante l’amministrazione Marino passa all’opposizione, stringendo legami importanti con i consiglieri grillini e fornendo loro documenti per mettere in difficoltà la maggioranza. Questo gli vale l’incarico di capo del personale e la fiducia incondizionata della sindaca Raggi, fino all’accusa di corruzione.