Ventuno inquilini, tutti abitanti nella stessa palazzina nel quartiere Japigia di Bari, sarebbero morti per tumori causati dalle esalazioni di sostanze tossiche in seguito ai continui roghi della vicina discarica di via Caldarola. È quanto ha stabilito la Procura di Bari, pubblicando l’esito di indagini avviate circa un anno fa. Il pm Baldo Pisani ha però chiesto l’archiviazione del caso, perché sarebbe passato troppo tempo per perseguire penalmente il reato di morte come conseguenza di altro reato. La Procura di Bari aveva anche disposto ulteriori analisi scientifiche, che hanno escluso la presenza attuale di sostanze tossiche nella zona.
Adesso una parte dei familiari delle vittime ha affidato all’avvocato Michele Laforgia la richiesta di nuove indagini “per identificare tutti i responsabili della gestione dell’impianto”, appellandosi al fatto che la consumazione di reati di morte come conseguenza di altro reato si realizzi alla data della morte, fattore che farebbe cadere la prescrizione.
La discarica, dismessa nel 1971 e in seguito bonificata tra il 1989 e il 1997, era gestita dall’Amiu insieme al Comune di Bari e conteneva rifiuti di ogni genere, tra cui batterie esauste, bidoni di prodotti chimici, vernici e scarti edili.
“L’assenza di altre costruzioni interposte tra l’edificio e la discarica – si legge nel rapporto dei Carabinieri di Bari – e l’azione dei venti, hanno favorito l’aero-dispersione delle sostanze inquinanti verso gli alloggi”. Rilievi tecnici sulla facciata ovest del palazzo hanno infatti individuato la presenza della diossina OCDD, tipica dei fumi di combustione; dal confronto con i dati del Registro Tumori della Regione Puglia emerge che all’epoca dei roghi il rischio di contrarre tumori nella zona era “quadruplicato rispetto al resto del territorio della provincia”.