HomeCronaca Progetto Montalcini, il flop del rientro dei cervelli in fuga
I giovani ricercatori pensano di tornare all’estero

Progetto Montalcini, il flop del rientro dei cervelli in fuga
I giovani ricercatori pensano di tornare all’estero

di Alessandra D'Acunto05 Marzo 2013
05 Marzo 2013

Era iniziato con la migliore delle intenzioni il “progetto Montalcini per il rientro dei cervelli” avviato nel 2009 dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Con il programma dedicato al Premio Nobel perla Medicina, in occasione del suo centesimo compleanno, il ministro intendeva “incentivare il rientro dei cervelli e offrire ai giovani ricercatori la possibilita’ di realizzare i propri progetti in Italia” perchè “investire nella ricerca significa credere nel futuro e nelle enormi potenzialita’ del nostro Paese”. Quel progetto esiste ancora ma sono cambiate molte cose, innanzitutto il nome: “Reclutazione di giovani ricercatori a tempo determinato”. Che non si prometta niente ai nostri cervelli è chiaro fin da subito.
Ma andiamo con ordine. Il primo bando prevedeva un finanziamento da 6 milioni l’anno per i 31 vincitori, cui si assicurava un contratto di tre anni rinnovabile per altri tre e la possibilità, a sei anni dal rientro, di usufruire di un canale diretto per una posizione a tempo indeterminato. Ancora, il risparmio fiscale di una tassazione del solo 10% sullo stipendio. Allora le domande furono 363.
Già nel 2010 alcune condizioni sono cambiate. Anzitutto, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è avvenuta solo a febbraio dell’anno scorso, sotto l’egida del nuovo ministro Francesco Profumo. I fondi stanziati dal Miur sono scesi a 5 milioni ma soprattutto sono diminuiti gli anni di tutela per i ricercatori: da sei a tre. Nel bando si specificava che la non rinnovabilità del contratto e si introduceva l’obbligo di “superare l’abilitazione scientifica ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato”. Le domande sono state 81 per 24 posti.
Il risultato, ad oggi, è che molti dei “cervelli rientrati” versano in una condizione di incertezza e si dicono pentiti di aver aderito al progetto. Lo scorso ottobre, in 23, hanno pubblicato sul loro sito una lettera di protesta a cui il direttore generale del settore università al Ministero, Daniele Livon, ha risposto incontrando due rappresentanti. Gli sforzi per rinnovare i contratti in scadenza nel 2014 potrebbero rientrare nel Fondo per il finanziamento ordinario alle università: “ne abbiamo parlato con il ministro Profumo, che si è detto d’accordo”, ha detto Livon ai giovani ricercatori. Che possono sperare che con il cambio di guardia al timone politico arrivi qualche novità anche per loro. Se non torneranno all’estero prima.

Alessandra D’Acunto

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