“Abbiamo già detto ieri qual è l’opinione della Commissione sulla manovra, aspetto ora quello che diranno gli Stati membri”, ha dichiarato oggi il vicepresidente della Commissione europea Jyrki Katainen, ma adesso, dopo la lettera di bocciatura della manovra, non voleranno soltanto parole dure tra Roma e Bruxelles. La procedura di infrazione che pende sull’Italia prospetta un autunno, e un inverno, molto caldi. Non più scambi di dichiarazioni ma azioni concrete e costose.
La Commissione europea proporrà al Consiglio Ecofin, composto dai ministri delle finanze degli stati membri, di attestare l’esistenza di un deficit eccessivo, che è la prima causa del no di Bruxelles, e di definire un percorso di rientro della finanza pubblica italiana. La proposta potrebbe arrivare già il 3 o il 4 dicembre e, se approvata, avvierebbe formalmente la procedura, come prevede il Trattato sul funzionamento dell’Ue.
Il rischio concreto è quello di una pesante manovra correttiva che terminerà soltanto quando verrà riconosciuta la conformità dell’Italia ai parametri europei. In particolare, il nostro paese dovrà ritrovare la solidità economica richiesta, il disavanzo di bilancio non dovrà superare il 3 per cento del PIL e il debito pubblico non dovrà eccedere il 60 per cento del PIL.
La procedura di infrazione si articola in diversi passi. All’Italia viene chiesto di depositare lo 0,2 per cento del Pil su un conto creato ad hoc. Poi saranno fissati degli obiettivi da raggiungere. Ad esempio, un taglio della parte che supera il 60 per cento del Pil di un ventesimo all’anno, che significherebbe 63,7 miliardi in meno ogni 365 giorni.
In più, la Commissione europea vigilerà attentamente sui nostri conti. Saranno inviati commissari e sarà richiesto al governo un rapporto dettagliato ogni sei mesi. Altre richieste e raccomandazioni aggiuntive potranno seguire, a discrezione della stessa Commissione. Alla Grecia fu imposto, ad esempio, di intervenire sulla riduzione dei dipendenti pubblici e sul sistema pensionistico.
Ma non è finita qui. La procedura prevede anche delle sanzioni, da un minimo di 4 miliardi a un massimo di 6, soldi che il governo dovrebbe sottrarre ad altri usi. E un’altra conseguenza è il blocco dei fondi strutturali dell’Ue destinati all’Italia. Fondi di cui, in questi anni, hanno beneficiato soprattutto le regioni.