Ancora sangue in Siria. Le forze governative si sono organizzate per portare avanti una violenta offensiva per riuscire a controllare, nuovamente, i quartieri di Homs, passati nelle mani dei ribelli: «Si tratta degli scontri più sanguinosi da mesi e ci sono decine di morti e feriti fra gli aggressori (l’esercito)», riporta l’Osservatorio siriano per i diritti umani, senza fornire un bilancio preciso.
L’offensiva. L’esercito, affiancato dai miliziani delle Forze di difesa nazionale, ha attaccato il centro di Homs, dove si erano rifugiati i ribelli: nella cittadella vecchia e nei quartieri di Jurat al-Shayah, Khaldiye e Karabis. Posta al centro della Siria, la città di Homs, denominata dai dissidenti la “capitale della rivolta”, all’inizio del conflitto contro Bashar al Assad aveva quasi 800mila abitanti. L’esercito è riuscito a riprenderne il controllo di circa l’80%.
Le relazioni internazionali. Intanto la politica si muove. Il neosegretario di Stato americano John Kerry, arrivato a Riad, ha cominciato il giro dei colloqui previsti con i suoi colleghi delle monarchie del Golfo. Al centro delle discussioni la situazione in Siria e i rapporti con l’Iran.
Kerry ha già incontrato separatamente i ministri degli Esteri del Kuwait, lo sceicco Sabah al-Khaled Al-Sabah, e del Bahrein e lo sceicco Khaled Al-Khalifa. Ma nell’agenda del segretario di Stato sono previsti anche alcuni incontri con altri capi della diplomazia e, in ultimo, un colloquio con il principe ereditario saudita, Salmane ben Abdel Aziz.
Soluzione per la Siria. Ieri, in serata, i sei paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo avevano voluto rendere pubblico il loro appoggio a una soluzione negoziata per la Siria, in linea con la proposta del capo dell’opposizione siriana, Ahmed Moaz al-Khatib. Avevano, inoltre, invitato il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ad approvare una «risoluzione vincolante, con una road map chiara e un calendario dei colloqui». I paesi del Golfo hanno anche invitato l’Iran «a rispettare i principi di buon vicinato» e a non «compiere ingerenze negli affari» dei Paesi vicini.
Critiche agli americani. Le sei capitali del Golfo hanno voluto far capire a Washington la loro contrarietà circa il suo rifiuto di armare i ribelli siriani e riguardo la politica troppo conciliante, a loro avviso, nei confronti di Teheran: «Ringraziamo Kerry per l’impegno americano per la sicurezza della regione – aveva dichiarato ieri sera il ministro degli Esteri del Bahrein – ma vogliamo comunicargli le nostre preoccupazioni sulle relazioni con l’Iran e sugli sviluppi in Siria». Dopo Riad, Kerry si muoverà verso Abu Dhabi, da lì poi si recherà in Qatar, ultima tappa di questo suo primo viaggio da ministro degli Esteri degli Stati Uniti.
Leonardo Rossi