Il disegno di legge attualmente all’esame del Parlamento che vuole introdurre “misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”, noto maggiormente come legge spazzacorrotti o anticorruzione, conterrebbe anche alcune norme che riguardano il finanziamento ai partiti. Nello specifico si occupano di questa materia gli articoli che vanno da 7 a 11.
A suscitare polemiche è l’articolo 9 che, più o meno implicitamente, sembra riguardare il rapporto intercorrente tra il Movimento 5 Stelle e l’Associazione Rousseau, di cui è socio, tra gli altri, Davide Casaleggio (figlio di Gianroberto, cofondatore del M5S insieme a Beppe Grillo). In base al regolamento dei gruppi parlamentari del M5S, ogni parlamentare pentastellato è tenuto a versare trecento euro al mese nelle casse di Rousseau.
Tutto nasce da alcune dichiarazioni di Marco Canestrari, ex addetto stampa del MoVimento, secondo il quale il ddl Bonafede andrebbe a blindare il potere di Casaleggio all’interno del MoVimento con i comma 1 e 2 dell’articolo 9. Il primo stabilisce che “sono equiparate ai partiti e movimenti politici le fondazioni, le associazioni e i comitati, la composizione dei cui organi direttivi sia determinata in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici ovvero che abbiano come scopo sociale politiche pubbliche”.
Questa la parte che sembrerebbe riconoscere dignità politica all’Associazione Rousseau. Il secondo comma stabilisce invece che “un partito o movimento politico può essere collegato ad una sola fondazione o ad una associazione privata o ad un comitato”. Ciò garantirebbe in sostanza a Casaleggio, attraverso Rousseau, di mantenere il controllo esclusivo sul MoVimento, a oggi l’unico partito direttamente collegato a un’associazione.