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HomeSport Successo per Chiara Magnagna alla New York Marathon

La rivincita di Chiara
dalla tossicodipendenza
alla Maratona di New York

Un esempio di sport e resilienza

dalla comunità di San Patrignano

di Matteo Petri05 Novembre 2018
05 Novembre 2018

Quattro ore e undici minuti. E’ questo il tempo che segna il cronometro alla fine della maratona di New York della 23enne Chiara Magnagna. Non è però la storia qualsiasi di una 23enne amante della corsa.

La storia di Chiara è invece l’esempio di come lo sport possa essere lo strumento più forte per superare gli ostacoli e le difficoltà più grandi che si possano affrontare nella vita. “A 18 anni non riuscivo neanche ad alzarmi dal letto e oggi, a 23 anni, corro 42 km. Correrò per me”, aveva dichiarato la ragazza prima del via. Chiara Magnagna è un ex tossicodipendente da anni ospitata e aiutata dalla comunità di San Patrignano.

Il San Patrignano Running Team è infatti ormai un vero modello a cui guardare, un esempio virtuoso di una comunità di aiuto che attraverso l’utilizzo di nuovi modelli di rinserimento ottiene successo all’estero e in Italia. Il traguardo raggiunto da Chiara e quello di Antonio Dongu, arrivato a San Patrignano con 18 anni di eroina alle spalle che ha chiuso la gara in tre ore e sette minuti, sono veri paradigmi di resilienza italiana. La comunità di San Patrignano, che per la sesta volta fa partecipare la sua squadra alla maratona di New York, in 40 anni ha aiutato 26 mila persone a uscire dalla droga.

Troppo spesso lontani dai riflettori queste storie che meritano invece spesso molta più attenzione di quanto viene loro concessa. Ancora troppo poco conosciuta la storia di Sofia Righetti. La veronese, campionessa italiana di sci alpino paralimpico nel 2014, che da anni si batte per affermare l’importanza dello sport nella vita delle persone affette da importanti deficit fisici. Proprio come quello con cui anche lei convive, un’ischemia midollare dovuta a un errore chirurgico.

Chiara e Sofia con le loro storie si portano quindi al centro di quello sport che è vero riscatto per l’identità sociale di chi da tutti viene visto soltanto come disabile.

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