Un candidato che possa aggregare non soltanto i renziani, ma anche le altre correnti del Partito democratico. E che sul lungo periodo, grazie al gradimento della stampa e di parte dell’elettorato di destra, possa insediare il boom di consensi ottenuto nel Nord Italia dalla Lega. L’ala del Pd più fedele a Matteo Renzi, con l’investitura di Marco Minniti come possibile sfidante di Nicola Zingaretti per la segreteria del partito, è convinta di aver pescato il jolly dal mazzo. L’ex ministro dell’Interno viene considerato l’uomo giusto per affrontare il governatore del Lazio che, dal canto suo, dopo l’appello di 13 sindaci a Minniti ha tradito un certo nervosismo.
Eppure, Minniti sarebbe il “candidato renziano” meno renziano della storia recente. Ne sono una prova i tanti battibecchi e le critiche non troppo velate tra i due. L’ex ministro, tra l’altro, fu l’unico a non firmare le liste elettorali presentate dal Pd prima del voto del 4 marzo. Negli ultimi mesi, poi, il riavvicinamento, grazie alla mediazione di Lorenzo Guerini.
Quello che si profila per la segreteria Pd è dunque uno scontro tra ex comunisti ed ex Democratici di sinistra. Minniti, 62 anni e oggi deputato, è infatti cresciuto politicamente sotto l’ala di Massimo D’Alema, di cui è stato in passato uomo di fiducia. Prima, gli studi a Messina e gli incarichi politici in Calabria per Pds e poi Ds. L’approdo a Roma arrivò nel 2001, dopo la prima elezione a deputato. Da allora, un susseguirsi di incarichi, sia come ministro che come sottosegretario.
Ma è durante il governo Gentiloni che la celebrità di Minniti è cresciuta esponenzialmente. Nel bene e nel male. Le sue iniziative sul tema immigrazione hanno consentito un’enorme riduzione dei migranti che dalla Libia raggiungono le coste italiane. Numeri che, però, hanno provocato anche un fiume di polemiche contro Minniti. Il codice di comportamento per le Ong, il memorandum sui rimpatri firmato con il presidente libico Fayez al-Serraj, la riapertura dei Centri di identificazione ed espulsione sono tutti provvedimenti che hanno fatto storcere il naso a una parte della sinistra.
Reazione opposta invece quella degli elettori di destra, che nei sondaggi sul gradimento dei politici hanno spesso premiato Minniti. Ed è proprio su questo che spinge chi, nel Pd, vuole una sua candidatura, spostando l’obiettivo finale dal congresso all’opposizione a Lega e M5s. Se alla fine la sua candidatura venisse confermata, l’ex ministro diventerebbe il primo potenziale leader completamente “antisocial”. Su Facebook e Twitter, infatti, di Minniti non c’è alcuna traccia.