La Giornata mondiale delle bambine, in programma domani 11 ottobre, inizia con alcune brutte notizie. Quelle che arrivano dal Dossier della campagna “Indifesa” di Terre des Hommes: in Italia il numero di bambini e ragazzi vittime di reati continua ad aumentare. Nel 2017 sono stati 5.788, l’8% in più rispetto al 2016, ma soprattutto il 43% in più rispetto a soli dieci anni fa. Sintomo che le violenze contro i minori, soprattutto di tipo sessuale e pedopornografico, sono una forte realtà della nostra società. Nonostante anni di sensibilizzazione.
I numeri. Tra i reati con il maggior numero di vittime, dopo il maltrattamento in famiglia (1.723 casi, anch’essi in aumento), spiccano le violenze sessuali. Solo nel 2016, 699 ragazzi ne sono stati vittima (18% in più rispetto all’anno precedente). In quattro casi su cinque, inoltre, si tratta di bambine. Come già detto, però, è stata rilevata una forte crescita nel 2017 anche per quel che concerne i reati legati alla pedopornografia: +57% per la detenzione di materiale pornografico, +10% per la loro produzione, +13% per atti sessuali con minorenni e +8% per violenza sessuale aggravata (tra cui l’età inferiore ai 14 anni). Tutti reati che, nell’80% dei casi, hanno avuto come vittime delle bambine.
Non manca, per fortuna, qualche buona notizia: è in calo il numero delle vittime di prostituzione minorile (-35% con 71 casi, contro i 109 del 2017) e di sottrazione d’incapace (-18%). Ed anche se solo dell’1%, è diminuito anche il reato di abuso di mezzi di correzione o disciplina, unico dei reati analizzati a contare una maggioranza di vittime maschili.
LEGGI: Un libro prova a spiegare come proteggere i bambini nell’era dei social
I social. Tra le maggiori fonti di materiale utilizzato poi per reati di pedopornografia si posizionano sicuramente i social network. “Spesso le vittime sono inconsapevoli che le foto postate sui social, in particolare su Instagram, vengono rubate e utilizzate per altri scopi”, spiega Marina Contino, della Direzione centrale anticrimine della polizia di Stato. “Per questo facciamo incontri nelle scuole – ha aggiunto – con i genitori, i quali spesso non si rendono conto dei tanti pericoli dei social”.