Il decreto legge Salvini su sicurezza e immigrazione è approdato ieri sera al Colle, senza alcuna modifica al testo approvato lunedì 24 settembre, come ha ribadito il Viminale. Eppure nel documento ora sul tavolo di Sergio Mattarella qualcosa è cambiato rispetto alle bozze circolanti nei giorni scorsi. Il lavoro tra i tecnici del ministero dell’Interno e del Quirinale ha portato a un accordo su uno dei punti più controversi dell’intero provvedimento: la “sospensione della domanda per il riconoscimento della protezione internazionale” per il migrante che delinque è stata sostituita da un “procedimento immediato innanzi alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale”.
Per il ministro Salvini la sostanza non cambia: “Il richiedente asilo commette un reato? Immediata convocazione, sospensione ed espulsione. Questo accadrà. Un passo in avanti per tornare ad essere un Paese normale”. Eppure questa modifica potrebbe cancellare alcuni dubbi sull’incostituzionalità della norma, trasformando totalmente le sorti del decreto.
La sospensione della domanda sarebbe entrata in contrasto con ben due articoli della Costituzione: il 10 che definisce il diritto d’asilo dello straniero, qualora “sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche” garantite in Italia, e il 27 che sancisce il diritto per l’imputato di non essere considerato colpevole fino a sentenza definitiva. “Punire” un migrante, privandolo di un suo diritto, prima che venga accertata la sua colpevolezza è un punto che non andava giù a molti costituzionalisti.
Rispetto alle bozze originali, è stata cambiata anche la clausola finanziaria come richiesto dal Ministero dell’Economia per la bollinatura da parte della Ragioneria generale. In diversi articoli compare un’aggiunta: “dall’attuazione delle disposizioni…non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Anche quando si parla di raddoppiare la durata massima del trattenimento dello straniero nei Centri di permanenza per il rimpatrio da 90 a 180 giorni, viene ribadito che dall’allungamento dei tempi “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato”.