Il decreto sicurezza e immigrazione, approvato ieri all’unanimità dal Consiglio dei ministri, ha sollevato da più parti dubbi di legittimità costituzionale. Soprattutto per quel che riguarda i migranti, la concessione dell’asilo e le espulsioni. In attesa del giudizio del presidente della Repubblica, chiamato a controfirmare il decreto, e della successiva conversione in legge da parte del Parlamento, con tanto di eventuali modifiche, analizziamo i vari punti del provvedimento tanto caro al ministro dell’Interno Matteo Salvini. Tutti frutto della mediazione tra il Viminale, il ministero della Giustizia e il Quirinale.
Sospensione domanda d’asilo. Tra i punti più controversi del decreto, quello che riguarda la possibilità, in caso di appurata “pericolosità sociale” o di condanna in primo grado, di sospendere l’iter per ottenere l’asilo. Il soggetto, oltre a vedersi respingere la richiesta di protezione internazionale, dovrebbe immediatamente lasciare l’Italia, senza attendere una condanna definitiva. In caso di successiva assoluzione, l’interessato avrà un anno per riaprire la richiesta d’asilo. Ma prima dovrà tornare nel nostro Paese. Nella prima stesura del testo, si parlava di sospensione della domanda già al momento di una denuncia.
Revoca cittadinanza. Rimane invece necessaria una sentenza definitiva per revocare la cittadinanza conferita ad un migrante, se questi è accusato di terrorismo. Una misura che rappresenterebbe una novità assoluta: finora, una volta concessa, la cittadinanza non poteva essere annullata. “La revoca – si legge nel testo – viene adottata con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del ministro dell’Interno, entro tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna”.
La protezione umanitaria. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari, il più diffuso negli ultimi anni, viene cancellato. A sostituirlo, un permesso temporaneo concesso solo per motivi di salute di eccezionale gravità, particolare valore civile, calamità naturali nei Paesi di origine, grave sfruttamento lavorativo o casi di violenze domestiche. Una volta superate queste condizioni, il permesso decade.
Centri per il rimpatrio. Si allunga da tre a sei mesi il tempo di permanenza massima dei migranti nei Centri per il rimpatrio. Strutture chiuse e vigilate dalle forze dell’ordine, nelle quali si trovano, in attesa di rimpatrio, i migranti che non hanno i requisiti per l’asilo. Un provvedimento pensato per dare più tempo ai funzionari per concludere le pratiche di riammissione nei Paesi d’origine, solitamente molto difficoltose.
Sprar solo per minori e rifugiati. Cambia la denominazione dei centri di seconda accoglienza. Gli Sprar, quelle strutture gestite dagli enti locali che finora hanno ospitato richiedenti asilo e rifugiati con l’obiettivo di integrarli al meglio, saranno riservate esclusivamente a chi ha già ottenuto lo status di rifugiato o ai minori.
Tra le altre misure principali, si allarga il ventaglio di reati che prevedono la revoca della protezione internazionale: violenza sessuale, produzione, traffico e detenzione ad uso non personale di stupefacenti, rapina ed estorsione aggravate, violenza o minaccia a pubblico ufficiale, lesioni personali gravi e gravissime, mutilazione degli organi genitali femminili, furto e furto in abitazione aggravati dal porto di armi o narcotici. C’è anche lo stop ai cosiddetti “profughi vacanzieri”, cioè quelli che, ottenuto il permesso, tornano in patria regolarmente, magari per le feste.
Nel ramo sicurezza, infine, importante l’introduzione del braccialetto elettronico nei confronti degli stalker. Come anche la dotazione di taser ai vigili dei Comuni con più di centomila abitanti.