“C’è una schiavitù che incatena più di una prigione, più di una crisi di panico, più di un’imposizione di qualsiasi genere: la schiavitù del proprio ego”. Papa Francesco apre così l’udienza generale del mercoledì, oggi dedicata al terzo comandamento, quello del giorno del riposo. “L’ego – ha proseguito – può diventare un aguzzino che tortura l’uomo ovunque sia e gli procura la più profonda oppressione, quella che si chiama ‘peccato’. Che non è banale violazione di un codice, ma fallimento dell’esistenza e condizione di schiavi”. Secondo il Pontefice, quello che più allontana l’uomo dagli altri è proprio l’egocentrismo profondo, capace di “scavare un solco con il prossimo”. Questo vizio comune, secondo il Papa, è capace di rendere l’uomo incapace di amare e privo della propria libertà. Può un uomo recluso, che sia in carcere o tormentato da ostacoli interiori, essere libero? “Pensiamo, ad esempio, a San Massimiliano Kolbe, o al Cardinale Van Thuan, che trasformarono delle oscure oppressioni in luoghi di luce. La vera libertà non è solo la possibilità di scelta. Poter fare ciò che si desidera non basta per essere veramente liberi, e nemmeno felici. La vera libertà è molto di più.”
Proprio la libertà espressa dal Pontefice, secondo Stefano Biancu, professore associato di filosofia morale all’Università Lumsa, è il nodo fondamentale del nostro tempo. “Ne siamo tutti assettati, ma anche sempre in fuga da essa, perché ci spaventa. Libertà non è indifferenza, tiepidezza, e neppure assenza di vincoli e legami. Ma è capacità di volere, di scegliere, impegnando se stessi, a rischio di sé”, ha commentato il docente.
La chiave per spezzare l’ego e la conseguente manca di libertà è, secondo Francesco, l’amore. “L’amore vero è la vera libertà: distacca dal possesso, ricostruisce le relazioni, sa accogliere e valorizzare il prossimo, trasforma in dono gioioso ogni fatica e rende capaci di comunione. L’amore rende liberi anche in carcere, anche se deboli e limitati.”