Bigenitorialità perfetta: è questo il principio attorno a cui ruota il disegno di legge sull’affidamento condiviso dei figli dopo il divorzio, che oggi arriva in commissione Giustizia al Senato. Il progetto – che porta il nome del leghista Simone Pillon, ideatore del “Family Day” – firmato da esponenti del Carroccio ma anche da pentastellati, ha come obiettivo quello di riscrivere la legge del 2006, che regola la custodia genitoriale post separazioni.
La proposta. Cancellazione dell’assegno di mantenimento, creazione di un doppio domicilio per il minore e introduzione obbligatoria della figura del mediatore familiare sono alcuni dei punti salienti del ddl 735. Ma anche tempi equi, tra padri e madri, per l’affido condiviso e mantenimento diretto dei figli minorenni. “Non ci saranno più padri-bancomat, ridotti a genitori della domenica”, ha annunciato Pillon, spiegando le finalità della proposta di legge. Sono previsti anche provvedimenti per contrastare ogni forma di alienazione o estraniazione dei minori.
I punti più discussi. I figli, dunque, dovranno trascorrere almeno dodici giorni al mese – inclusi i pernottamenti – sia col padre che con la madre. Così facendo, secondo il ddl, ci sarà “un rapporto equilibrato e continuativo con entrambe le figure genitoriali”. I coniugi, inoltre, per far sì che gli sia riconosciuta la separazione, dovranno essere seguiti – per un massimo di sei mesi e a pagamento – da un mediatore familiare, che li aiuterà a gestire i figli nella fase più delicata della disunione. Un’altra novità è, poi, l’eliminazione dell’assegno di mantenimento al genitore con cui vive – spesso le mamme – da parte dell’ex coniuge. A entrambi, infatti, toccherà metà del sostentamento.
Le polemiche. “Se la possibilità di continuare a vivere nella casa familiare, malgrado l’interesse dei figli, è condizionata al pagamento di un canone di locazione di mercato, se il contributo al mantenimento non esisterà più e se il principio del diritto paterno è quello che nascerebbe da questa riforma, l’ingiustizia sarà totale”, ha evidenziato l’associazione Telefono Rosa in una lettera aperta. La rete di centri antiviolenza, Dire, ha invece lanciato su Charge.org una petizione e indetto una manifestazione a Roma il mese prossimo, per dire no al disegno di legge Pillon. La preoccupazione è che la legge “comporterebbe per le donne con minori risorse economiche l’impossibilità di chiedere la separazione e mettere fine a relazioni violente”.