Parte domani, da Milano a Catania, la sperimentazione del taser in dotazione alle forze dell’ordine. La pistola elettrica, che prende il nome dalle iniziali del suo creatore (Thomas A. Swift’s Electronic Rifle), immobilizza il soggetto colpito lanciando due piccoli aghi, che trasmettono brevi impulsi di una scarica ad alta tensione. Il raggio d’azione è di 7 metri massimo e non è necessario che gli aghi penetrino nei vestiti per funzionare. Ricordando la notizia, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha sottolineato che si tratta di un’arma “meno che letale”, che potrà aiutare gli agenti a svolgere il loro lavoro. Tuttavia, sia Onu che Amnesty International ne hanno sottolineato la pericolosità, inserendolo nella lista degli “strumenti di tortura”.
Il segretario del Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria), Donato Capece, ne ha chiesto presto l’introduzione anche tra le dotazioni degli agenti degli istituti carcerari. “È mai possibile – ha dichiarato – che nessuno, al ministero della Giustizia e ai dipartimenti dell’Amministrazione Penitenziaria e della Giustizia minorile e di comunità, abbia pensato di introdurre la pistola taser o lo spray al peperoncino anche per la Polizia Penitenziaria e i suoi appartenenti, per fronteggiare ed impedire aggressioni fisiche e selvagge?”. La richiesta arriva dopo l’aggressione di un detenuto ai danni di un poliziotto penitenziario in servizio a Uta, nel cagliaritano. “Ogni giorno – ha continuato Capece – giungono notizie di aggressioni a donne e uomini del Corpo in servizio negli Istituti penitenziari del Paese, sempre più contusi, feriti, umiliati e vittime di violenze da parte di una parte di popolazione detenuta che non ha alcuna remora a scagliarsi contro chi in carcere rappresenta lo Stato”.