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«Il Signore mi chiama a salire sul monte». Il Papa abbraccia i fedeli nel suo ultimo Angelus

di Fabio Grazzini24 Febbraio 2013
24 Febbraio 2013

Come se il cielo stesso avesse voluto ascoltare l’ultimo Angelus di Benedetto XVI rimuovendo quanto di superfluo tra loro si frapponeva, ecco che, nei minuti precedenti la preghiera di mezzogiorno, le nubi si sono diradate permettendo lungamente al sole di unirsi ai cuori degli oltre 100mila fedeli presenti in Piazza San Pietro, tutti protesi in un unico abbraccio a scaldare la piccola grande figura del Papa. Affacciato dal suo studio, davanti a una folla festante più numerosa che mai, il Santo Padre ha parlato del suo futuro fatto di preghiera e riflessione traendo ampio spunto dal Vangelo del giorno, incentrato sulla Trasfigurazione del Signore sul Monte Tabor. Quanto accadde a Gesù dinanzi a Pietro, Giacomo e Giovanni, lo ha infatti portato immediatamente ad approfondire il tema dell’orazione e a mettere in guardia da un misticismo sterile ed egoista.

L’orazione conduce all’azione. In un tempo forte come la Quaresima, in cui la fede e la conversione continua si irrobustiscono proprio anche grazie a un rinnovato rapporto di preghiera con Dio, Sua Santità ha quindi sottolineato come in questa parte dell’anno liturgico sia importante «dare il giusto tempo alla preghiera, personale e comunitaria, che dà respiro alla nostra vita spirituale. Inoltre, la preghiera non è un isolarsi dal mondo e dalle sue contraddizioni, come sul Tabor avrebbe voluto fare Pietro, ma l’orazione riconduce al cammino, all’azione. “L’esistenza cristiana – ho scritto nel Messaggio per questa Quaresima – consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio, per poi ridiscendere portando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio”».

Non un abbandonare ma un servire meglio. Una parola divina che il Successore di Pietro ha sentito particolarmente rivolta a lui e che così ha commentato: «Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze. Invochiamo l’intercessione della Vergine Maria: lei ci aiuti tutti a seguire sempre il Signore Gesù, nella preghiera e nella carità operosa.»
Il Papa ha infine reso grazie a Dio per un una giornata di sole così inaspettata mostrando ripetutamente ulteriore gratitudine a una Piazza San Pietro gremitissima, traboccante affetto e ammirazione per la scelta difficile e coraggiosa che lunedì 11 febbraio lo ha portato a rinunciare al Soglio petrino.

Un Conclave anticipato. Nel frattempo, si fa sempre più imminente la pubblicazione del Motu Proprio del Pontefice con il quale si cercherà di abbreviare il tempo che ci separa dall’inizio del Conclave. Una deroga alla normativa vigente – contenuta nella Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis, promulgata da Giovanni Paolo II e già modificata da Benedetto XVI – che, per aprire il Conclave, eviterebbe il passare di 15-20 giorni dall’avvio della Sede Vacante (prevista dalle ore 20 del 28 febbraio): l’obiettivo, secondo indiscrezioni, è infatti quello di cominciare, presenti tutti i cardinali elettori, l’8 marzo.
E’ da poche ore, poi, che circola una nota della Segreteria di Stato Vaticana che accusa apertamente i media di voler condizionare il voto del Conclave. Il comunicato evidenzia che  «se in passato sono state le cosiddette potenze, cioè gli Stati, a cercare di far valere il proprio condizionamento nell’elezione del Papa, oggi si tenta di mettere in gioco il peso dell’opinione pubblica, spesso sulla base di valutazioni che non colgono l’aspetto tipicamente spirituale del momento che la Chiesa sta vivendo. È deplorevole – prosegue la nota – che, con l’approssimarsi del tempo in cui avrà inizio il Conclave e i Cardinali elettori saranno tenuti, in coscienza e davanti a Dio, ad esprimere in piena libertà la propria scelta, si moltiplichi la diffusione di notizie spesso non verificate, o non verificabili, o addirittura false, anche con grave danno di persone e istituzioni».


Fabio Grazzini

 

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