La scadenza per il Decreto di Economia e Finanza è sempre più vicina. Il 10 aprile prossimo sarà l’ultimo giorno possibile per l’approvazione in Parlamento del Def, che costituisce le basi della Legge di Bilancio dell’autunno. Un decreto fondamentale, che determinerà tra le varie priorità del paese in tema di politiche economiche e fiscali una delle questioni più scottanti che pendono sulla nuova legislatura: l’eventuale aumento dell’Iva.
Se le misure inserite nel Def non fossero dirette a disinnescare le clausole di salvaguardia, l’Italia si troverebbe a partire dal 2019 di fronte all’inevitabile aumento delle aliquote Iva. E, dunque, a una rapida ascesa dei prezzi dei beni al consumo. Uno scatto in avanti delle tariffe che si tradurrebbe in circa 317 euro di rincari a famiglia l’anno. Questa settimana il nuovo Parlamento istituirà le Commissioni speciali incaricate di esaminare le misure da inserire nel Def.
E qui la partita diventa tutta politica. Perché il governo uscente, che ha firmato la bozza di decreto che circola in questi giorni tra i ministeri, non ha potuto far altro che mettere nero su bianco delle misure generiche. Per scongiurare gli aumenti dell’Iva sarebbero stati necessari provvedimenti di taglio di spesa di forte impatto politico: non attuabili da un Consiglio di ministri dimissionario. Il Ministero dell’Economia, dunque, nella bozza di Def non proporrà obiettivi programmatici. La palla delle clausole di salvaguardia spetta tutta al prossimo governo.
Per scongiurare l’aumento, il prossimo ministro dell’Economia dovrà mettere in campo misure alternative, come ad esempio il taglio della spesa pubblica. Se l’esecutivo che verrà varato nelle prossime settimane andrà anche solo in parte a esponenti 5 Stelle, si troveranno tra le mani una vera patata bollente. Perché l’alternativa sarà lasciar salire i prezzi con l’aumento dell’Iva, fattore che inciderebbe soprattutto sulle famiglie monoreddito del centro-sud, oppure mettere in atto politiche di bilancio restrittive ed evitare i rincari.