Fine dell’incubo Boko Haram per una parte di ragazze rapite a Dapchi lo scorso 19 febbraio. 76 delle 110 studentesse della Government Girls’ Science and Technical College (Scuola Governativa per Ragazze di Scienza e Tecnica) sequestrate dal villaggio nigeriano sono state liberate dai terroristi. Questo fa sapere il governo del Paese. Rimane incerto il destino delle altre. Secondo alcune fonti, i rapitori le avrebbero urlato “non mandate più le voste figlie a scuola!” al momento del rilascio.
Monito del resto coerente con il nome dell’organizzazione. Boko Haram si traduce infatti “Il falso è proibito”, dove per falso si intende l’educazione occidentale.
La storia
Il 19 febbraio nella scuola per sole femmine si sentono forti rumori di spari. Le ragazze, spaventate, cominciano a scappare in tutte le direzioni. Un gruppo di persone, vestite con uniformi da soldati, segnala loro di entrare in alcuni camion anch’essi dipinti con colori militari. Le urlano “non siamo Boko Haram! Siamo soldati, siamo qui per salvarvi!”. Le ragazze si fidano ed entrano. Per scoprire, una volta salite, che purtroppo si tratta proprio dei terroristi di matrice islamica. Il Guardian ha potuto raccogliere testimonianze sufficienti per descrivere quegli attimi.
La vicenda non va confusa con l’altro grande rapimento di giovani ragazze avvenuto in Nigeria, sempre per opera di Boko Haram. Ci riferiamo a quanto avvenuto a Chibok tra il 14 e il 15 aprile 2014, quando in 276 furono sequestrate dai terroristi. Oltre un centinaio sono state liberate nel corso degli anni, ma molte di loro rimangono purtroppo prigioniere.
L’inefficienza del governo nigeriano nel garantire sicurezza
Sia nel caso di Dapchi che in quello di Chibok c’è stata una grave imperizia da parte del governo nigeriano nel prevenire la tragedia. Sembra infatti che, in entrambi i casi, alle forze di sicurezza del Paese fosse stato segnalato ore prima dei rapimenti che convogli armati si dirigevano verso le due località. Questo è quanto emerso da un’indagine di Amnesty International.