Rischia di degenerare la tensione tra il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e il presidente siriano Bashar al-Assad. Con una mossa strategica, i curdi dell’Unità di Protezione Popolare (Ypg) sembrano aver raggiunto un’intesa con il regime di Damasco affinché il cantone di Afrin venga controllato dalle forze lealiste. Si tratta di un duro colpo per la triplice alleanza tra Russia, Iran e Turchia. Per la Siria è, invece, una prova di forza: Assad vuole dimostrare così di essere in grado di estendere il controllo del suo regime sul territorio siriano.
“Nei prossimi giorni, l’assedio al centro urbano di Afrin si svolgerà in modo molto più rapido. Per noi è molto importante che d’ora in poi ogni passo che facciamo sia sicuro. Allo stesso modo ci vuole tempo per prepararsi sul terreno”. Queste le parole di Erdoğan davanti al gruppo parlamentare del suo partito, l’Akp, ad Ankara. Il presidente turco ha così implicitamente confermato che il possibile arrivo delle forze di Assad non farà desistere la Turchia, che vuole abbattere i curdi. In questo pericolante contesto politico, si incastrano poi tutte le vite spezzate dei civili. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha reso noto oggi il bilancio delle vittime dei raid governativi sulla regione della Ghuta, a est di Damasco: 98 morti, tra cui 20 bambini, e 470 feriti, di cui molti sono in condizioni critiche. “Si tratta della più pesante perdita di civili in un solo giorno dall’inizio del 2015”, ha scritto l’Osservatorio.
Ieri le milizie governative sono arrivate nel capoluogo del cantone curdo, circondato ai lati dall’esercito turco e dai ribelli che stanno dalla parte di Erdoğan. Afrin è, quindi, isolata. Si attende la mossa degli Stati Uniti, il cui ruolo appare ora confuso. Gli Usa non hanno mai appoggiato Assad e hanno puntato proprio sui curdi per fermare l’Isis: adesso possiedono 13 basi e un esercito di 2.000 militari nella zona Nord-Est della Siria. Gli Stati Uniti hanno, poi, un rapporto ambiguo con Erdoğan, in quanto la Turchia resta uno dei perni della Nato. Per loro è conveniente mantenere un legame con Ankara, ma non hanno intenzione di lasciare i curdi al loro destino.
Uno scontro tra Turchia e Siria nel cantone curdo di Afrin appare sempre più probabile. Anche il resto del Paese vede numerosi scontri tra fazioni diverse. Nella periferia est di Damasco, ad esempio, il conflitto è tra i ribelli appoggiati dall’Arabia Saudita e le forze governative. E ancora: nella zona del Golan, a sud della Siria, i ribelli, con il supporto di Israele, e i governativi si oppongono alle forze libanesi di Hezbollah. Infine la città di Deir el-Zor, a Nord-Ovest del Paese, è protagonista delle battaglie tra la fazione curdo-americana e quella formata dai russi, dagli iraniani e dalle forze di Assad.