Il Parlamento europeo oggi ha votato una risoluzione assai particolare: a Strasburgo infatti si doveva decidere se mantenere o avviare l’iter per abolire l’ora legale. Rischiava quindi di vedersi cancellato il classico appuntamento di marzo e ottobre con la corona degli orologi, ruotata fra i polpastrelli delle dita per impostare il nuovo orario.
La risoluzione discussa oggi degli eurodeputati è stata approvata con modifica degli emendamenti che ne hanno limitato la portata. Non si chiede più alla Commissione Ue di proporre l’abolizione del “cambiamento semestrale”, ma solo “Una valutazione approfondita” sulla questione e “eventualmente proporre una modifica” della direttiva Ue del 2000, che regola l’alternanza tra ora legale e solare nella Ue.
I promotori dell’iniziativa europea evidenziano come “turbare due volte all’anno l’orologio interno degli individui porta danni alla salute”. Uno studio finlandese, infatti, riportava come nei due giorni successivi al cambio d’orario di marzo e settembre vi fosse un aumento dell’8% nel numero degli ictus e di quasi il 10% degli attacchi di cuore.
In Italia, l’ora legale fu ufficialmente introdotta a partire dal 1986 in maniera continuativa, con l’obiettivo di garantire il maggior numero di ore di sole ai cittadini, e conseguentemente un minore consumo di elettricità: questo era l’obiettivo che portò a teorizzare Benjamin Franklyn per primo questa idea, nel 1784. Per la prima applicazione di questa idea bisogna aspettare il 1916 quando in Inghilterra la Camera dei comuni istituì l’ora estiva per risparmiare denaro.
Secondo Terna, società che gestisce la rete elettrica italiana lo scorso anno, grazie proprio allo sfruttamento di quell’ora quotidiana di luce in più, l’Italia ha risparmiato complessivamente 567 milioni di kilowattora (quanto il consumo medio annuo di elettricità di oltre 200 mila famiglie), un valore corrispondente a minori emissioni di CO2 in atmosfera per 320mila tonnellate.