Si torna a parlare della “guerra” del gas in Cipro. A riaprire il caso è il presidente turco Erdogan durante gli incontri di lunedì a Roma con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il Capo dello Stato Sergio Mattarella. «Abbiamo espresso le nostre preoccupazioni riguardo all’Eni per le iniziative nel Mediterraneo orientale», ha dichiarato Erdogan ai reporter turchi sul volo di ritorno dall’Italia. Il Presidente definisce «minaccia» per Ankara e Cipro Nord i nuovi lavori di ricerca.
L’ultima scoperta. Di recente l’Eni ha annunciato l’investimento di 150 milioni di euro per trivellare in una zona considerata ricchissima di petrolio. Il ministro dell’Energia cipriota Giorgos Lakkotrypis la ritiene un’area simile a quella del campo di Zohr, scoperto nel 2015 dal cane a sei zampe.
«Vogliamo che la Turchia comprenda che abbiamo il diritto di fare il necessario per aumentare la nostra indipendenza energetica e nel nostro territorio ne abbiamo il diritto. Vogliamo che Cipro sia un riferimento energetico nell’area», è la risposta da Nicosia.
Territori contesi. Da anni il governo di Ankara contesta alle multinazionali petrolifere, tra questi Eni e Total, le trivellazioni in un’area al largo di Cipro: una regione marina ricca di petrolio e gas naturale, così vasta da arrivare alle coste della Palestina.
Sulla gestione delle risorse off-shore l’isoletta del Mediterraneo è divisa da tempo: da un lato il governo filo-greco di Nicosia, che rivendica la sovranità della zona; dall’altro l’autoproclamata Repubblica di Cipro Nord, riconosciuta e appoggiata solo dalla Turchia. Ankara, infatti, ritiene che le risorse di idrocarburi dell’area al largo di Cipro debbano appartenere sia ai turco-ciprioti che ai greco-ciprioti.
Bomba ad orologeria. Nella zona si rischia da tempo lo scontro armato. La Turchia minaccia gravi ripercussioni contro le operazioni congiunte tra le imprese petrolifere e Nicosia. La scorsa estate il governo di Ankara ha inviato fregate e sottomarini per garantire la sicurezza del trasporto petrolifero.