Il governo delle Maldive ha proclamato lo stato di emergenza – l’ennesimo dalla fine della dittatura nel 2008 – per i prossimi 15 giorni in seguito all’apertura di una nuova crisi politica. L’ex presidente e leader dell’opposizione Maumoon Abdul Gayoom è stato arrestato lunedì e, all’alba di martedì, i militari hanno fatto irruzione nella sede della Corte Suprema per arrestare due giudici, il presidente Abdulla Saeed e Ali Hamid.
I problemi sono iniziati domenica 4 febbraio, quando la Corte Suprema dell’arcipelago ha ordinato al governo di scarcerare 12 parlamentari dell’opposizione – tra i quali l’ex presidente Mohammed Nasheed, in esilio dal 2016 in Gran Bretagna – accusati di corruzione e terrorismo, perché i loro processi “erano stati influenzati dal governo”.
in risposta alla sentenza, l’attuale presidente Abdulla Yameen ha comunicato tramite il procuratore generale il proprio rifiuto ad ottemperare e, sempre tramite il procuratore generale, ha ordinato lo schieramento dell’esercito per impedire al Parlamento di riunirsi, motivando la decisione col timore che le Camere lo volessero deporre.
La decisione aveva provocato proteste e scontri nella capitale Malè dopo che centinaia di oppositori erano scesi in strada a festeggiare. Un poliziotto era rimasto ferito dal lancio di sassi da parte dei manifestanti, gli agenti avevano risposto disperdendo la folla con spray al peperoncino e manganelli.
Con la dichiarazione dello Stato di emergenza, sono state lanciate operazioni di polizia per mantenere il controllo dell’ordine pubblico e sopratutto sono stai sospesi i poteri della corte Suprema.
Il Dipartimento di Stato americano ha definito un ”imperativo” l’attuazione della sentenza della Corte e nel messaggio rivolto al ”presidente delle Maldive, al governo e ai servizi di sicurezza”, gli Stati Uniti si sono dichiarati “a favore della libertà di espressione per tutti gli abitanti delle Maldive e chiedono al governo il rispetto di questa libertà fondamentale”.
Mohamed Nasheed, primo Capo di Stato del paese eletto democraticamente ed esiliato nel 2012, ha accusato in un tweet il governo di Yameen di avere compiuto “l’equivalente di un colpo di Stato“.