Due anni senza Giulio Regeni. Il 25 gennaio del 2016 il ricercatore italiano sparì, non lasciando tracce di sé. Il 3 febbraio il suo corpo fu trovato in un fosso lungo la strada del deserto Cairo-Alessandria. I segni presenti sul cadavere fecero subito pensare che fosse stato torturato. Dopo due anni di indagini finalmente i primi risultati concreti.
“Giulio Regeni è stato ucciso per le sue ricerche, ed è certo il ruolo dei Servizi”. È quanto ha messo nero su bianco il procuratore Giuseppe Pignatone in una lettera indirizzata al Corriere della Sera e a Repubblica. Dopo tante ricerche iniziano ad esserci i primi “punti fermi” nell’inchiesta. Un risultato che due anni fa sarebbe stato “impensabile”, a detta dello stesso Pignatone.
“È emerso con chiarezza il ruolo di alcune tra le persone che Giulio ha conosciuto nel corso di tali ricerche e che lo hanno tradito – ha evidenziato il procuratore –. Ed è stata anche messa a fuoco l’azione degli apparati pubblici egiziani che già nei mesi precedenti avevano concentrato su Giulio la loro attenzione, con modalità sempre più stringenti, fino al 25 gennaio”.
Nella lettera ai quotidiani si parla anche delle recenti perquisizioni nel Regno Unito, a Cambridge, volute per via della presenza di alcune contraddizioni tra le dichiarazioni acquisite in ambito universitario e la corrispondenza di Giulio. “I risultati di tali attività di perquisizione e sequestro di materiale, a un primo esame, sembrano utili e sono allo studio dei nostri investigatori”.
Di certo non si è scritta la parola fine. “Non ci fermeremo” scrive Pignatone, che chiude la lettera con una promessa ai genitori del ricercatore, Paola e Claudio Regeni: “Proseguiremo con il massimo impegno nel fare tutto quanto sarà necessario e utile affinché siano assicurati alla giustizia i responsabili del sequestro, delle torture e dell’omicidio di Giulio”.