“Il tavolo è concluso, se il tar accetterà la sospensiva, l’Ilva chiuderà il 9 gennaio” con queste parole il ministro per lo sviluppo economico Carlo Calenda ha rotto il generale ottimismo che si respirava intorno alla vertenza dell’Ilva.
A far saltare il banco, e a rompere la trattativa tra istituzioni pugliese e ministro sulla riqualificazione dell’acciaieria tarantina, è stato un nuovo ricorso del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci e del Presidente della regione Puglia Michele Emiliano al Tar. Motivo del contendere sono le clausole di salvaguardia ambientale. Il ministro, durante la conferenza stampa di ieri, è stato molto duro: “il governo italiano non è disponibile a buttare due miliardi e 200 mila euro per i ricorsi. Abbiamo chiarito, una volta per tutte, che l’accettazione della misura cautelare presentata da Comune e Regione determina la chiusura dell’impianto Ilva perché scadono i termini Aia, su questo il ministero dell’Ambiente è stato tassativo. Anche con il ritiro della misura cautelare, la presenza di un giudizio di merito dei giudici che può arrivare anche dopo 2-3 anni, determina la sospensione degli investimenti dell’investitore che perderebbe tutti i soldi che ha investito”.
Di parere opposto il presidente Emiliano, che ha descritto come una crisi isterica l’intervento del ministro per lo sviluppo economico aggiungendo che “se abbiamo voglia di trovare una soluzione, visto che il ministro fa solo da mediatore, riusciamo a trovarla anche senza di lui”.
Mentre il segretario del partito democratico Matteo Renzi prova a rilanciare il dialogo tra le parti. È di ieri il tweet della sua pagina ufficiale: “Offro un piatto di orecchiette a te e a Carlo Calenda ma deposita le armi, Michele Emiliano. Basta coi ricorsi, mettiamoci a un tavolo e salviamo insieme il futuro di Taranto. Offro io che notoriamente ho il carattere peggiore (ed è una bella gara tra noi tre). #Ilva”.
Compatti con il ministro i sindacati: ieri è intervenuto il segretario della Fiom Maurizio Landini ricordando alle parti in causa che la trattativa si gioco sulla pelle si 20000 famiglie che dipendono dall’acciaieria. Con i sindacati anche la Confindustria: questa mattina, dalle colonne del Sole 24 ore, il presidente Vincenzo Boccia ha auspicato che “prevalga buon senso e pragmatismo e che ci si avvii ad una soluzione comune per l’Italia.