L’esecuzione dell’ordinanza del Gip è attesa per oggi. Le intercettazioni con la voce di Nicola Mancino a colloquio con Giorgio Napolitano dovrebbero essere cancellate per sempre dal server della Procura di Palermo, che si trova nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, chiudendo così la più aspra contesa tra poteri dello Stato dal dopoguerra con un vulnus giuridico che farà parlare di se in futuro. Le intercettazioni, custodite in un fascicolo stralcio del processo per la trattativa Stato-mafia, verranno quindi distrutte, in ottemperanza alla sentenza della Corte Costituzionale del 15 gennaio scorso, che ha risolto il conflitto di attribuzione, sollevato dal Quirinale, a favore del Presidente della Repubblica.
Le conversazioni, intercettate in un periodo in cui l’ex ministro dell’interno era protagonista di un insistente ‘pressing’ sul Colle per cercare di chiarire la propria posizione nell’indagine in corso a Palermo (in cui è finito indagato per falsa testimonianza), sono state ascoltate dal Gip Riccardo Ricciardi, che ha convocato per oggi l’esperto informatico incaricato di eliminarle. Secondo il giudice, dalle quattro telefonate «si è evidenziata l’assenza nel loro contenuto di riferimenti ad interessi relativi a principi costituzionali supremi che possono essere pregiudicati dalla distruzione delle registrazioni». Tradotto, le prerogative costituzionali non vengono intaccate, e visto che si tratta di nastri inutilizzabili ai fini probatori, verrà applicato l’articolo 271 del codice di procedura penale, che però non prevede espressamente la fattispecie del capo dello Stato tra quelle prese in esame.
La privacy del Presidente è salva, ma non lo è però il diritto costituzionale alla difesa. I legali di Massimo Ciancimino, figlio di Vito, ex sindaco mafioso di Palermo, hanno infatti presentato ricorso d’urgenza in Cassazione per fermare l’ordinanza del Gip, che in prima istanza ha già respinto la richiesta. Ciancimino – imputato nel processo sulla trattativa per “concorso esterno in associazione mafiosa” e “calunnia” nei confronti dell’ex capo della polizia, Gianni De Gennaro – è convinto che in quelle intercettazioni ci sarebbero elementi utili a chiarire la sua posizione, così come ha scritto su Facebook: «So per certo che il contenuto di quelle telefonate sarebbe stato utile al mio processo, per potermi difendere dal reato di calunnia». L’iniziativa dei legali, potrebbe dunque sospendere la procedura di distruzione. Se infatti i file venissero cancellati oggi, l’eventuale decisione dei supremi giudici di accogliere l’impugnazione dei legali di riconoscere il diritto di ascoltare le telefonate sarebbe vanificata. Il gip potrebbe dunque decidere di sospendere il decreto in attesa della pronuncia della Cassazione. Un cortocircuito giuridico più volte sottolineato da diversi costituzionalisti, come Franco Cordero, professore emerito di Procedura penale alla Sapienza ed editorialista di Repubblica. «La Carta Costituzionale esige difesa inviolabile e contraddittorio – ha spiegato in un’intervista rilasciata domenica scorsa al Fatto Quotidiano -. I nastri spariti inquineranno la cognizione del merito: è mancata una possibile prova; era o no rilevante? Se lo fosse, perché escluderla sulla base di un divieto tre volte invalido? Gli interessanti solleveranno l’argomento». Come effettivamente è avvenuto.
La possibilità chela Cassazionedia ragione a Ciancimino è remota ma possibile. In quel caso si aprirebbero scenari inediti, soprattutto se nel frattempo le intercettazioni venissero distrutte. A quel punto la questione potrebbe rimbalzare alla Corte europea o ripercuotersi sull’intero processo sulla trattativa, visto che a quel punto anche gli altri imputati potrebbero sostenere di non essersi potuti difendere adeguatamente.
Come se non bastasse, si è aggiunto anche un intoppo tecnico. L’accesso al server “Pa1” della Procura infatti, si è rivelato più complicato del previsto, c’è un problema di password da risolvere e oggi sbarcheranno a Palermo i tecnici della società milanese che gestisce l’impianto. Ultimi ostacoli a un’operazione che sembra ormai destinata a concludersi in giornata, con buona pace del vulnus giuridico apertosi e delle polemiche scatenate negli ultimi mesi sul contenuto delle conversazioni. Da oggi di quelle telefonate potrebbe sparire ogni traccia, rafforzando così la posizione di chi quel contenuto lo ha ascoltato, in primis Nicola Mancino. Da oggi la figura di Giorgio Napolitano è più tutelata, ma forse più ricattabile.