Non resta che aspettare l’annuncio. Con ogni probabilità Donald Trump riconoscerà tra qualche ora Gerusalemme quale capitale dello Stato di Israele. Una decisione che passa attraverso il trasferimento dell’ambasciata statunitense da Tel Aviv alla Città Santa. Non una presa di posizione politica ma la “constatazione di una realtà storica e attuale”, così fonti dell’amministrazione americana giustificano la scelta del presidente. Una scelta frutto di una promessa fatta in campagna elettorale, che Trump non intende più rimandare.
La “constatazione dell’ovvio” fa riferimento alla decisione presa dal Congresso nel 1995, quando, attraverso una legge, si decise di spostare la sede diplomatica a Gerusalemme. Ma il trasferimento non sarà così immediato. Come previsto da una clausola interna i presidenti americani possono rimandare di sei mesi in sei mesi il cambiamento di sede.
Di sicuro la probabile mossa di Trump rischia di scatenare un terremoto diplomatico. Dopo il giro di telefonate del presidente americano, dal soddisfatto premier israeliano Netnyahu al furioso presidente palestinese Abu Mazen, sono arrivate le dichiarazioni di Papa Francesco. «Rivolgo un accorato appello affinché sia impegno di tutti rispettare lo status quo nella città, in conformità con le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite», ha annunciato il pontefice durante l’udienza generale di oggi.
Bergoglio risponde così alla richiesta di mediazione di Abu Mazen. “Non ci può essere nessuno Stato palestinese, senza Gerusalemme est come Capitale”, ha spiegato il presidente dell’Anp al tycoon. Intanto è stato proclamato un “Giorno di rabbia” e manifestazioni di protesta a Ramallah, in altre città della Cisgiordania e a Gaza.
L’asse Kushner-Salman. Dietro la decisione di Trump si nasconde l’ombra del suo consigliere e genero Jared Kushner. Secondo un articolo del New York Times il marito di Ivanka, legato all’ala ortodossa degli ebrei statunitensi, è in stretto contatto con l’erede al trono Mohammed bin Salman. I sauditi vorrebbero un’alleanza con Israele in opposizione al fronte iraniano.
Gli ex generali frenano. Il consigliere per la sicurezza McMaster e il capo dello staff Kelly stanno cercando di convincere Trump a rimandare l’annuncio. Una posizione condivisa anche dal segretario alla Difesa, Mattis, che considera l’iniziativa troppo pericolosa per la stabilità del Medio Oriente.