L’economia italiana cresce, aumentano progressivamente i consumi. Ma la ripresa non si è distribuita equamente e sono tanti i cittadini che non percepiscono alcun miglioramento nelle loro vite. Iscrivendosi a quel partito immaginario che il Censis, nel suo rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, definisce “Italia dei rancori”. L’analisi del Centro studi investimenti sociali registra dunque una contrapposizione tra i segnali di ripresa produttiva e alcuni elementi da porre sotto esame: “il rimpicciolimento demografico del Paese, la povertà del capitale umano immigrato, la polarizzazione dell’occupazione che penalizza l’ex ceto medio”, ma anche la sfiducia nelle istituzioni e l’intolleranza religiosa.
L’ascensore sociale. Il rapporto 2017 evidenzia che tra gli italiani prevale la convinzione che sia difficile salire nella scala sociale. Lo pensano soprattutto i più giovani: l’87,3% dei millennials. All’opposto, quasi tre cittadini su quattro del ceto popolare pensano che sia facile scivolare in basso nella scala sociale. Una percentuale che scende al 65,4% nel ceto medio e al 62,1% tra i più benestanti.
L’intolleranza. In questo contesto, aumenta l’avversione verso gli altri, visti come concorrenti per il raggiungimento del benessere. Soprattutto se si parla di culture diverse. Ecco perché ad esempio il 66,2% dei genitori italiani si dice contrario all’eventualità che la propria figlia sposi una persona di religione islamica, il 41,4% che si unisca a un immigrato. L’immigrazione viene vista in modo negativo dal 59% degli italiani, con valori più alti quando si scende nella scala sociale.
Pochi giovani. Altro sintomo di una ripresa mal distribuita è la riduzione del peso demografico dei più giovani. Su 50 milioni di elettori, solo un quinto ha un’età compresa tra i 18 e i 34 anni. Mentre gli over 64 hanno superato i 13,5 milioni, cioè il 22,3% della popolazione. Ciò, denuncia il direttore generale del Censis Massimiliano Valerii, fa sì che “l’offerta politica non guardi con sufficiente attenzione” ai giovani: ecco perché si parla molto di più di pensioni che di disoccupazione giovanile.
La classe politica. Nell’occhio del ciclone anche la democrazia nel nostro Paese. Il 64% degli italiani è convinto che la propria voce non conti nulla. Un’ondata di sfiducia che coinvolge i partiti politici, il governo, il parlamento, le istituzioni locali. Ma anche i servizi pubblici, le amministrazioni, l’euro. “L’Italia – si legge nel rapporto – è un Paese in cui il futuro è rimasto incollato al presente”. Ecco perché, ammonisce il Censis, “senza un rinnovato impegno politico resteremo nella trappola del procedere a tentoni, senza metodo e obiettivi, senza ascoltare e prevedere il lento, silenzioso, progredire del corpo sociale”.