Ennesima sfida della Corea del Nord alla comunità internazionale, ennesima provocazione che scompagina nuovamente il fragile equilibrio mantenuto durante gli ultimi 75 giorni nello scacchiere asiatico. Il test missilistico, definito “un successo” dalla tv di stato, ha riguardato un missile intercontinentale, il Hwasong-15, che a detta dei media nordcoreani potrebbe raggiungere l’intero territorio Usa.
Minaccia questa, a parere degli esperti statunitensi e sudcoreani, che non sarebbe inverosimile. Il missile, che si è infranto 250 chilometri a ovest della prefettura di Aomori, la parte più a nord dell’arcipelago, avrebbe potuto raggiungere le Hawaii con una traiettoria modulata sui parametri di lancio standard. Il vettore ha coperto circa 960 km e toccato un’altitudine massima intorno ai 4.500 km. Con un angolo di lancio meno alto, il missile avrebbe superato facilmente i 10.000 km di distanza, quindi ben oltre i 7.575 km delle Hawaii che ospitano il quartier generale delle forze armate Usa nel Pacifico.
Minaccia seria dunque, concreta, presa sul serio anche dalla Cina, storico alleato di Pyongyang, che ha espresso “grave preoccupazione e opposizione” al lancio della scorsa notte ribadendo, tramite il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang, come la Cina voglia “stabilità e pace nella penisola”.
Immediate anche le altre reazioni internazionali. Dopo una telefonata tra il presidente statunitense Donald Trump e il suo omologo giapponese Shinzo Abe, la Casa Bianca ha reso noto che “i due leader hanno concordato che le azioni provocatorie del regime nordcoreano stanno minando la sua sicurezza, isolandolo ulteriormente dalla comunità internazionale”. Abe ha poi annunciato alla nazione la richiesta di ulteriori sanzioni contro la Corea del Nord, sottolinenando che “la nazione mai si arrenderà alle provocazioni del regime di Pyongyang, e incrementerà le sollecitazioni per un cambiamento ai massimi livelli”